San Leonardo
Via Amendola, gli abitanti ostaggi dei ragazzini «terribili»
Quasi rimpiange gli spacciatori. E non perché si rifornisse da loro. Pensionata, nonna di nipoti già grandicelli, della droga lei sa solo che «è meglio girarci alla larga». Difficile che la sua generazione, di gran lunga meno intossicata delle seguenti, abbia avuto contatti diretti. Così, la signora non immagina che il tappeto di sigarette svuotate e gettate sotto la panchina significhi spinelli preparati con il loro tabacco. «Quando c'erano loro, gli spacciatori - sospira - si stava più tranquilli. Ora ci sono ragazzini che non fanno nulla, se non disturbare chi abita qui da prima della loro nascita. Intanto, la droga continua a circolare: consumata sotto le nostre finestre». Le stagnole e i pacchetti di Winston smembrati per diventare filtri da «canne» confermano.
Il parchetto in fondo a via Amendola, laterale di via San Leonardo, più che un'area verde è un pozzo di disagio. Luogo di ritrovo di minorenni non sempre del vicinato («Almeno una trentina, dai 12 anni in su, ma soprattutto 15enni, i più di origine straniera, mentre le ragazze sono parmigiane» spiegano gli abitanti), si presenta in stato d'abbandono, nonostante la ripulitura di sabato mattina. Di mezzo c'è l'ennesima notte brava: funziona così dai primi caldi. «Anche stanotte (ieri, ndr) quei ragazzini fumavano e bevevano. Con grida e schiamazzi fino a oltre le due hanno giocato a calcio». A porte piccole: da una parte una minialtalena traslocata da chissà dove, dall'altra un dondolo macilento. Delle due altalene «ufficiali», una ha perso l'anello di protezione per evitare ai più piccoli di cadere: spaccato. Mentre la staccionata di legno presenta ogni giorno nuovi sfondamenti.
«Chiudi le finestre e c'è caldo, apri e c'è rumore - prosegue la signora -. Inutile chiedere il rispetto del diritto altrui di riposare. Capisco il bisogno di ritrovarsi e divertirsi, ma che tutto sia nei limiti della convivenza civile». Lei assicura di averci provato più volte, a chiederlo: con le buone e alzando la voce, scendendo nel parchetto («Nemmeno mio marito mi ha mai messo sotto, figuriamoci loro» sorride). Ma non c'è stato verso. Solo all'arrivo delle pattuglie chiamate dagli abitanti esasperati cambia qualcosa, con un fuggi-fuggi generale.
Lo sporco è disseminato ovunque, soprattutto nella cornice erbosa: cartacce, tetrapack e bottiglie di plastica svuotati dei succhi di frutta. Accanto a uno dei due bidoni, il pannolino (sporco) di un neonato: forse fa il paio con l'asciugamano lasciato sulla panchina. Anche il piccolo, a quanto pare, con i genitori forse nemmeno maggiorenni frequenta il parchetto fino alle ore piccole. E meno male che la battagliera signora l'altra notte è scesa a pretendere che i bidoni fossero rimessi in piedi e riempiti con almeno parte del contenuto.
L'angolo di un camminamento è irto dei cocci di una bottiglia (di birra) rotta da poco. «Senza offesa per i maiali, il parchetto lo chiamiamo il porcile» scherza amaro un pensionato che così spiega i bidoni coricati: «Ci nascondono la droga sotto». Fino a qualche tempo fa, era il tombino accanto alla fontana a contenere le scorte. Ma troppi conoscevano il caveau, e qualcuno pare se ne sia approfittato. «Siamo zona depressa - commenta un'altra signora -. Dovreste sentire l'odore insopportabile, quando piove». La donna indica una fitta siepe sul lato verso via San Leonardo. «I bagni. Lì dietro fanno di tutto» scuote il capo. Si racconta di un anziano che ogni giorno scendeva a pulire, fino a quando non ha dovuto arrendersi. Troppo impari il confronto con chi si ostina a sporcare. Basta guardarsi attorno: in genere l'ha vinta lui.