IL PERSONAGGIO

Lo chef e scienziato americano Nathan Myhrvold: «Italiani vi insegno a fare la pizza»

Monica Tiezzi

Forse farà sorridere che un americano insegni come si fa la pizza. Anzi, che ci scriva su (a quattro mani con lo chef Francisco Migoya) tre grossi tomi: «Modernist pizza».

Ma non c'è da stupirsi se il personaggio è Nathan Myhrvold, ex direttore globale informatico di Microsoft, scienziato (ha un dottorato in fisica teorica e matematica e ha lavorato con Stephen Hawking), esperto di paleontologia, fisica quantistica e spaziale, climatologia, bioterrorismo, fondatore di una società, «Intellectual ventures», che si occupa di energia, fotografo e, last but not least, cuoco e scrittore di raffinati libri di cucina pubblicati da una casa editrice da lui fondata.

Myhrvold è in Italia per un tour di lavoro e ha scelto la food valley per visitare prosciuttifici, caseifici e pasticcerie, oltre allo stabilimento Barilla di Cremona. Una sosta l'ha fatta anche all'Academia Barilla. Per parlare di cibo sostenibile, dieta mediterranea, tradizione e innovazione. E, appunto, pizza.

«Lo so - mette le mani avanti - sarebbe stato più logico che questo compendio l'avesse scritto un pizzaiolo italiano, ma loro sono troppo impegnati in cucina, non hanno tempo!», esordisce sorridendo.

Se a Myhrvold manca forse l'esperienza di un pizzaiolo, ha dalla sua una conoscenza approfondita delle tecnologie food (tema del precedente «Modernist cuisine: the art and science of cooking») e la voglia di osare.

«I cuochi italiani sono sempre stati ossessionati dalla tradizione, è giusto fino a un certo punto. Prosciutto e parmigiano sono deliziosi perché preparati con tecniche antiche che dovevano fare i conti con l'esigenza di conservare i cibi, senza frigo! Ma molti cuochi si vantano di cucinare “come mia nonna”. Onestamente, chi vorrebbe oggi una Ferrari costruita come faceva Enzo? E Michelangelo, dipinse forse la Sistina copiando i pittori della generazione precedente? Ci sono, anche in Italia, chef creativi, interessati alle nuove idee. Anche se non sempre le mettono in pratica».

«Modernist Pizza» è l'enciclopedia della pizza: diversi chili di carta, 375 euro il costo. Analizza storia, fondamenti, tecniche, ingredienti, ricette. Prende in esame tutti i fattori che rendono un successo (o meno) il piatto, tutte le varianti nel mondo, e ne propone di nuove. Svelando così anche segreti. Non tanto per i pizzaioli, ma per gli appassionati che amano cimentarsi in casa con il piatto.

Ad esempio che «ci sono alcuni enzimi naturali, proteine di fichi, kiwi e ananas, che rendono l'impasto più “rilassato” e lavorabile. Se non si hanno 24-48 ore di tempo per la lievitazione, bastano una o due gocce nell'impasto».

E ci sono anche i consigli sugli aggiustamenti da fare per usare i sughi per la pasta (molto popolari in Usa) nella pizza, senza che diventi acquosa e muti consistenza.

Ampio spazio alle tecniche di cottura, tenendo presente che «è la luce ad infrarossi il principale fattore di cottura, ecco perché i forni sono sempre aperti», fa notare Myhrvold. E poi i condimenti, tanti, da armonizzare con la base. «Io ad esempio non sono un grande fan dell'impasto di farina integrale, trovo che la bianca sia più neutrale per accogliere il sapore dei condimenti. Ma vedo bene la base integrale con condimenti forti, sapidi, ad esempio un po' di 'nduia. Mentre un sapore delicato come i fiori di zucca esige un impasto bianco».

In ogni caso dieta mediterranea, la più salutare: si possono «convertire» gli americani? «Non si può “far piacere” a tutti un certo regime alimentare. È difficile separare la dieta mediterranea dallo stile di vita nel quale è nata. Vengo da un viaggio nel nord della Norvegia: lì la dieta è piatta perché nei climi freddi non c'è la varietà di verdura, spezie, pesce e carne che esiste in Italia. Inoltre è difficile separare la dieta dalla condizione sociale. So di che parlo, sono stato cresciuto con i miei fratelli da una mamma che lavorava sodo. Chi ha poco tempo e soldi non prende le migliori decisioni in campo alimentare, molte scelte sono condizionate».

Che fare, rassegnarsi all'epidemia di obesità? «Non credo al manicheismo dei cibi salutari e cibi spazzatura: il segreto è una dieta varia, limitando le quantità. Ma non guardi me - dice sornione, sorridendo - È un consiglio che non so mettere in pratica...».

Il vero problema che si dovrà affrontare a breve in campo alimentare, però, per Myhrvold non è tanto questo, ma lo sviluppo di Paesi, specie in Asia e Africa, che reclameranno uno stile alimentare simile a quello occidentale, più ricco e vario. «Un problema di risorse, perché si tratta di Paesi che non si autosostentano come l'Italia, ma devono acquistare altrove il cibo».

Nel futuro mangeremo insetti, come qualcuno già ipotizza? «Perché no, magari farine a basi di insetti, è già successo nel passato dell'umanità. In fondo oggi mangiamo granchi e aragoste, non è così strano. E il “casu marzu” sardo non è pieno di vermi? La realtà è che non esiste una soluzione semplice: è la grande sfida della sostenibilità alimentare».

Monica Tiezzi