Musica

Cori al Parco Ducale per il «Caos» di Fabri Fibra

Anna Pinazzi

Vita che riemerge dalle rime. Quella di un cantante che non ha mai indossato l’etichetta del politicamente corretto. Scorretto, però, lo è «solo con i bugiardi».

È Fabri Fibra, rapper «antipatico agli altri rapper», ma non di certo al pubblico parmigiano, che ieri sera ha riempito gli spazi del parco Ducale in occasione del concerto «Caos» (aperto dal duo rap parmigiano Matt Smile e J Freak), per la rassegna musicale estiva «Parma Cittàdella Musica».

Perché nelle rime di Fibra non c’è nulla di edulcorato, la musica non è un filtro, ma è un mezzo. Strumento privilegiato con cui raccontare una carriera - l’album «Caos», da cui prende il nome il tour, è autobiografico – e passare in rassegna problemi, crisi, falsità del mondo della musica e della società in generale.

Per presentarsi ad un pubblico che dal primo secondo lo acclama e lo accompagna cantando con lui, Fibra usa la canzone «Intro», prima traccia anche del disco. Qui tra un sample di Gino Paoli (dal capolavoro «Il Cielo in una stanza») e l’altro canta la cronistoria della sua carriera. Poi «Bella raga! Stasera si fa rap italiano, alzate tutti le mani: ho bisogno della vostra energia» è la prima cosa che dice al microfono, forte di una semplicità che passa anche dalla sua t-shirt bianca, jeans neri e cappellino da baseball. I brani successivi sono una vera denuncia e sono il modo perfetto per l’artista per mettere alla berlina una lunga serie di innominati. Sono i parassiti del mondo della musica cantati in «GoodFellas»; tutto il disincanto del nostro Paese in «Stelle», grande successo con Maurizio Carucci. La base di Dardust è un mix perfetto tra musica disco e urban, il ritornello di Carucci crea la magia, dando forma a un brano che è una hit dal sapore estivo e allo stesso tempo una forte ricerca introspettiva, quasi poetica: «Mi cercherò tra le nostre giornate estive/tra i discorsi della gente che non mi vuole/Dietro ai fallimenti di un genitore/Sopra una stella che non è una stella/Perché si muove». Ecco che, nel pieno di quella stagione in cui il sole sembra bruciare qualsiasi malumore, arriva l’epifania: «L'estate è l'unico momento in cui siamo noi stessi, per il resto dell'anno indossiamo una maschera» dice il rapper.

Ma nessuno è al sicuro dalla penna affilata di Fibra, che arriva a colpire – senza alcuno sconto -- anche se stesso in «Brutto figlio di» («Non lo faccio per soldi, non lo faccio per la fama/però ci provo gusto quando la major mi paga»). Grande protagonista del concerto è stato sicuramente il pubblico, che sa a memoria tutti testi; vero spettacolo il coro sul successo «Propaganda» (con Colapesce e Di Martino). Ecco, le canzoni sono moto veloce di crisi, falsità, falsi miti. Vortici di denunce, girandole di collaborazioni: un «Caos» estremamente radiofonico. Con la musica e le rime, Fabri Fibra ci cattura e ci trascina con lui. A scoprire il fondo di quella vita che ci sfugge nel moltiplicarsi d’inganni, di perbenismo e travestimenti: è nel «Caos», alla fine, che possiamo riuscire «a stare lucidi di questi tempi».