I funerali del 40enne ucciso
«Vitalie è stato un eroe. Fate vostra la sua lezione»
Alla fine sono rimaste le candele. Tante candele sottili infilate nella sabbia dei vasi, candele strette in mano con la cautela affettuosa di chi protegge la fiammella. Ma anche candele accese nel lampadario alto sulla navata di quella chiesa con le icone color oro che mai come ieri è apparsa piccola.
Perché c'era tanta gente a dire addio a Vitalie Sofroni e tutti, con una compostezza severa e mai rabbiosa, hanno voluto ripetere i gesti di sempre, stringersi alla bara coperta di fiori bianchi. Perché come ha ripetuto il pope «noi siamo cristiani e vogliamo il bene. E Vitalie ha perso la vita proprio per compiere il bene». Un messaggio arrivato alla fine di una cerimonia struggente per la sua semplicità e per quel senso di speranza che, nonostante il dolore che strazia, si poteva respirare.
A partire dalle 10, nella parrocchia ortodossa di San Nettario di Egina, in borgo della Posta, hanno incominciato ad arrivare i tanti amici, i fedeli della comunità moldava, i parenti silenziosi che più volte si sono abbracciati nel sole della strada. Come se entrare in chiesa, alla fine, volesse dire accettare che quella era davvero una cerimonia di addio. E che per Vitalie, ucciso da un fendente al cuore a Gaione mentre stava difendendo una giovane con la figlioletta di 9 mesi alle quali aveva offerto rifugio e protezione da quello che credeva fosse in fondo un amico, non ci sarebbe più stata la luce esagerata dell'estate. Ma solo, appunto, il chiarore delle candele.
Una luce soffusa che ha avvolto i tanti che piano piano si sono ammassati a recitare in coro, salmodiando, le frasi di un rito antico con gli uomini vestiti di scuro e le donne con un fazzoletto a coprire i capelli. Un affollarsi che con il passare del tempo sempre più si è stretto intorno alla bara fino alla benedizione finale, quella dell'incenso che sale a sfiorare le candele.
Prima che la bara scivolasse fuori però per un attimo il pope si è fatto da parte per lasciare la parola alla cugina di Vitalie che ringraziando i presenti ha parlato di quell'immenso dolore. Che ha senso solo se non sarà stato vano: «Vitalie è il nostro eroe e la sua morte ci lascia la sua grande lezione: basta violenza sulle donne. Nessun uomo sia più indifferente, nessuno abbia mai più paura nell'aiutare una donna in difficoltà, in pericolo. Lui è stato un eroe ma ognuno di noi, di voi, deve fare la propria parte».
Poi sono stati abbracci e occhi lucidi, carezze al posto delle parole mentre il carro ha iniziato il viaggio verso la Villetta. Un viaggio lento ma non solitario. Gli amici, i colleghi di Vitalie, idealmente, lo hanno voluto accompagnare e dietro il feretro si sono allineati i camioncini dei corriere, i furgoncini di quelli che hanno condiviso con lui il lavoro, gli impegni. La vita. E che non lo hanno voluto lasciare solo dopo la morte.