Tradizione
Cornazzano, la regina delle fiere compie un secolo
Le mani rugose di un vecchio agricoltore sono come un talismano che svela, giorno dopo giorno, tutti i segreti, i misteri, le fatiche e la sacralità della civiltà contadina, di quella gente dei campi, gelosa custode delle proprie tradizioni, che, dalle nostre parti, da un secolo esatto, si ritrova in quella fetta di terra dove i campi e le messi sorridono a Dio: la Fiera del Cornazzano che, quest’anno, celebra il 100esimo compleanno.
La «regina», dunque, taglia il traguardo del secolo. Discendenze dinastiche o teste coronate, in questo caso, non c’entrano niente. Stiamo parlando della «regina» delle fiere agricole: la tradizionale kermesse del Cornazzano che aprirà i battenti venerdì 29 luglio alle 21. Un’antica fiera agricola che, da un secolo, raduna tanti agricoltori per un momento di festa, di approfondimento della situazione in cui versa la nostra agricoltura e di presentazione di nuove attrezzature agricole. Insomma, un devoto omaggio alla terra da parte della gente dei campi.
Sarà infatti la terra l’attrice principale di quel prodigioso lavoro teatrale che da cento anni a questa parte viene messo in scena in quel «teatro» naturale la cui scenografia è offerta dai campi, fra stoppie, fontanili ed erba medica, per la regia di un gruppo di meritevoli associazioni (Viarolese, organizzatrice storica dell’evento, circolo Arci Viarolo e Comitato giovani agricoltori) che portano avanti con determinazione, passione e tanto amore le tradizioni antiche dei loro vecchi.
Quest’anno la Fiera del Cornazzano sarà un po’ più triste per l’assenza di tre suoi patriarchi, gli indimenticati Enrico Mezzadri ed i fratelli Giulio e Giuseppe Fanfoni venuti a mancare di recente. Furono loro, insieme a Graziano, Andrea e Francesco Ravasini, Gino Cantarelli, Desiderio Dall’Aglio, Stefano Bocchi e Vittorio Caffarelli, per tanti anni, l’anima ed il cuore di questa kermesse, che in gergo moderno, e ancora una volta stucchevolmente anglofilo, è definita «green» ma che, forse, sarebbe più genuino chiamare «la fèra di nostor pajzàn».
Di quella gente ancorata alla propria terra anche se avverte le indiscutibili difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti ed ha la forza di reagire scrivendo ogni anno bellissime pagine di quel libro senza età vergato dal lavoro e da tanta fatica. Già, la cara-vecchia Fiera del Cornazzano, sacrale momento liturgico dove la terra madre, terminato il parto della mietitura e della trebbiatura, arroventata dal sole e ristorata dai fontanili, dopo la purificazione della «rozäda» della notte di San Giovanni, mostra tutta la sua atavica fertilità con quelle zolle grasse e pastose pronte a ricevere altri semi rinnovando, così, l’atavico mistero della natura. Una solenne processione di antichi riti agresti impreziosita tutte le sere da piacevoli note musicali, gastronomiche e di folklore.
Lorenzo Sartorio