IL PROCESSO

Caso De Lorenzis, la difesa: «Molestie? No, visite scrupolose»

Georgia Azzali

Non c'era cinque giorni fa, quando il pm gli ha presentato il conto chiedendo la condanna a 12 anni per violenza sessuale aggravata e continuata. Ma era assente anche ieri, Gianfranco De Lorenzis, piuttosto affaticato per alcuni problemi di salute, durante la discussione fiume dei suoi difensori Gianluca Paglia e Paola Rubini. Un'arringa appassionata e complessa, portata avanti per oltre sei ore, che ha affrontato articolate questioni procedurali e giuridiche prima di entrare nel merito delle accuse. Una lista lunghissima: 28 capi d'imputazione per altrettante parti civili costituite. Donne tra i 17 e i 50 anni con gravi problemi di obesità che tra il 2007 e il 2016 si erano rivolte a De Lorenzis, 69 anni, chirurgo bariatrico tra i più conosciuti che visitava nel proprio studio privato e operava in una casa di cura della città oltre che in altre strutture. «Visite eseguite con modalità corrette, così come ha sottolineato il nostro consulente, direttore di unità operativa a Milano - spiega l'avvocato Paglia -. Corretto che la visita fosse completa, scrupolosa e non fosse limitata solo alla zona dell'intervento. Le persone obese sono soggetti più a rischio per determinate patologie, come quelle oncologiche, per cui non c'era nulla di scorretto nel fare spogliare le pazienti e porre anche domande sulla loro sfera sessuale».

I baci? De Lorenzis ne aveva ammesso qualcuno solo sulla guancia. I palpeggiamenti al seno, invece, erano necessari per escludere eventuali noduli. E la mano del chirurgo che sarebbe finita nelle parti intime di alcune pazienti? «Le persone obese, come ha sempre illustrato il consulente, possono sviluppare delle micosi intorno alle cosce e sotto i seni, per cui bisogna fare delle verifiche anche in quelle zone, che però possono creare delle incomprensioni - sottolinea Paglia -. Bisogna poi aggiungere che De Lorenzis visitava in uno studio privato, non poteva avvalersi di altri specialisti come chi opera in un ospedale, per cui era necessario che facesse tutte le indagini per escludere eventuali patologie, comprese le esplorazioni rettali e transvaginali».

Il nucleo delle accuse. Ma questo è anche un processo in cui in primo piano c'è una questione enorme di procedibilità, secondo la difesa. Una questione legata a vari capi d'imputazione, soprattutto in relazione a querele mancanti o tardive, che però si può tradurre in una domanda decisiva: si può procedere contro De Lorenzis almeno per un certo numero di imputazioni? E per la difesa, che ha citato anche alcune sentenze della Cassazione, la risposta è no.

Ma molti punti interrogativi sulla credibilità delle pazienti sono stati posti fin dalle prime battute della discussione dall'avvocata Rubini: «Ci sono rischi di contaminazione dei ricordi, considerando che stiamo parlando di fatti nell'arco di un decennio, così come va valutato l'interesse delle vittime al risarcimento. E non dimentichiamoci che questo è un reato ostativo: si va in carcere».

Toccherà ai giudici decidere. Perché l'ultimo atto è previsto tra poche ore. La sentenza dovrebbe arrivare domani. Ma prima la difesa avrà ancora qualcosa da aggiungere per terminare la discussione.

Georgia Azzali