Commemorazione
Guerra: «Una strada per Mario Lupo»
In attesa che gliene venga intitolata una, in suo nome le strade vengono chiuse. Viale Mentana prima, per dare il tempo al corteo di raggiungere barriera Repubblica, e viale Tanara poi, per l'ora che dura la commemorazione di Mario Lupo. Militante di Lotta continua, Mario aveva 19 anni, quando venne ucciso il 25 agosto del 1972 da un estremista di destra di due anni più vecchio. La partenza è da piazzale Allende, dove un circolo portava il nome di Lupo: si ferma il traffico, si riavvolge il nastro della storia. Sventolano bandiere rosse come non se ne vedevano da chissà quanto. Non è solo il colore dell'ideologia, il loro: è quello del sangue versato da un ragazzo vittima della follia politica, del sangue che ha macchiato una lunga fase della giovinezza di una Repubblica fragile. Un Paese costretto a fare i conti con il Muro della guerra fredda e ancora di più, all'interno, con le pareti d'odio di una casa comune mai davvero rappacificata.
Mezzo secolo è trascorso da allora, ma quella sera maledetta oggi sembra più vicina che in tante altre commemorazioni: gli sparuti drappelli di molti anniversari si sono trasformati nell'abbraccio collettivo di un centinaio di persone. Anziani, compagni d'allora di Mario: anche chi è in precarie condizioni di salute ha voluto esserci. In disparte, i familiari dell'operaio ucciso. Ci sono anche giovani che quel 1972 hanno dovuto farselo raccontare dai genitori allora magari poco più che bambini. A rappresentare la città, Michele Guerra. Il primo sindaco che abbia mai presenziato alla manifestazione sarebbe nato solo un decennio dopo: nel 1982, anno considerato spartiacque da alcuni, quando la tensione avrebbe cominciato ad allentarsi.
Il corteo è preceduto dai tricolori dell'Anpi di Parma, Medesano, Sala Baganza, Fornovo. Ci sarebbe anche quello di Colorno, se Marzia Moreni non fosse già impegnata a portare la bandiera provinciale dell'associazione (il drappo sfila legato al suo braccio). Primo a parlare è Guerra. Davanti alla lapide circondata da rose rosse, nastri tricolori e scarlatti, ricorda quel «momento storico in cui la violenza ha segnato la vita del Paese e della città». Ripensa ai valori per i quali Lupo e la sua generazione hanno sentito il dovere di impegnarsi e si sofferma sulla memoria umana, sull'enormità della tragedia costata la vita a un ragazzo e al dolore senza fine della sua famiglia. «Ho rivisto i 14 minuti del filmato dei funerali ai quali partecipò una città intera: anche chi non condivideva le idee di Mario. Ci sono valori non negoziabili: e questa tragedia ha visto Parma schierata dalla stessa parte». Con una promessa, Guerra ribadisce la vicinanza della città alla famiglia Lupo. «Facciamo nostra la richiesta di Ettore Manno di intitolare una via, una piazza o un parco a Mario. Chiederò alla Commissione toponomastica di occuparsene già nella prossima seduta».
Fascia azzurra a tracolla, in rappresentanza della Provincia, Gianpaolo Cantoni ricorda invece come allora fosse un ragazzino impegnato a crescere con i valori del padre partigiano. «Sono trascorsi 50 anni, e se oggi Mario fosse tra noi noterebbe una società cambiata enormemente, eppure con gli stessi problemi di allora: legati alle diseguaglianze, al lavoro e alla dignità sociale». Lupo, sottolinea Cantoni, apparteneva a Lotta continua: «ma questa è la lotta che continua».
C'è chi lo chiama impegno. «E l'impegno politico è la più alta forma di servizio alla comunità» dichiara Stefano Cresci dell'Anpi, organizzatrice della manifestazione. Allora per alcuni significava stare come al fronte. «Ai movimenti neofascisti era stato dato ampio spazio di manovra, e Parma era una città simbolo nella strategia della tensione». Lo storico Piermichele Pollutri racconta le ricerche su quel periodo e sulla figura di Lupo svolte attraverso le lacrime dei vecchi compagni. Ricorda le sette ore di arringa del padre costituente Umberto Terracini, al fianco di Decio Bozzini in difesa della famiglia del giovane ucciso. Un conto è confrontarsi con le pagine degli archivi, un conto con il dolore di una generazione, con il lutto di una famiglia, sottolinea Elia Rosati, storico del neofascismo, ricordando «il momento buio di quel 1972».
A chiudere la commemorazione, e anche questa è una prima volta, Miranda Lupo, una delle sorelle del giovane. Lo fa con un grazie pronunciato con gli occhi lucidi. Il resto, l'aveva già detto la mamma Ausilia. Morta quattro anni fa, non riconosceva più nessuno. Se n'è andata pronunciando il nome «Mario».
Roberto Longoni