MALTRATTAMENTI

«Ci disonori»: condannato il padre-padrone

Georgia Azzali

«Non porti onore alla famiglia». Il padre glielo aveva sibilato più volte da quando lei aveva conosciuto quel ragazzo con cui avrebbe voluto passare gran parte delle sue giornate. E poi erano arrivati i pugni, le minacce, le mille domande su ogni suo spostamento. Aveva già 18 anni, Sheila (la chiameremo così), ma sarebbe stata costretta a subire tutto questo, spesso davanti anche alle altre sorelle minorenni. E ieri il padre - tunisino, 53enne, ma da anni residente a Parma - è stato condannato a 1 anno e 8 mesi per maltrattamenti. Il reato di violenza privata, perché l'uomo avrebbe costretto la figlia a interrompere la relazione con il fidanzato, è stato ritenuto assorbito in quello di maltrattamenti. Il giudice ha ritenuto le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle aggravanti e gli ha concesso la sospensione della pena.

Era stata Sheila a ribellarsi. Lei che aveva chiamato il 113 in un pomeriggio di marzo del 2021. I toni si stavano alzando: i rimproveri del padre diventavano sempre più pesanti. Eppure, quando i poliziotti erano arrivati, l'uomo era tranquillo: aveva ammesso di aver picchiato Sheila. Ma si era anche affrettato a dare una «spiegazione»: quella figlia passava troppo tempo sui social invece di studiare, considerando anche che lui sborsava 6.000 euro all'anno per l'istituto privato a cui la figlia era iscritta.

Sheila era scossa. Avvicinandosi ai poliziotti, aveva mostrato i segni sul volto dopo le botte del padre. E aveva cominciato il suo racconto di dolore. L'incontro con il fidanzato aveva scatenato una dura reazione nel padre. Le liti erano quasi quotidiane: «ti faccio fuori», ti ammazzo», le ripeteva. Ma spesso alzava anche le mani, arrivando anche a lanciarle addosso una sedia. Aveva tentato anche la fuga, Sheila: un viaggio in Svizzera, a casa di un amico d'infanzia. Era rimasta lontana da casa per quasi un mese, poi, al ritorno a casa, il padre l'aveva riempita di promesse.

Ma la tregua era durata una settimana. Sul telefonino di una delle sorelle aveva trovato alcune sue foto in giro per Parma e aveva capito che il padre la seguiva. Poi erano arrivate ancora le botte e le minacce anche nei confronti di quel fidanzato che lui avrebbe voluto sparisse dalla vita della figlia. Nemmeno la madre aveva negato le percosse. Eppure, aveva tentato (invano) di giustificarlo: «L'ha fatto qualche volta, perché lei non studiava».