Sostegno

Scuola: a Parma aumentano i bimbi con disabilità e con disturbi del comportamento

Mara Varoli

Aumentano i bambini e i ragazzi con disabilità e con disturbi alimentari e comportamentali. Secondo l'Ufficio scolastico provinciale, gli studenti con disabilità in questo nuovo anno scolastico sono 1.915, di cui 600 con forme gravi. Un aumento costante: basti pensare che in fase pre-pandemia erano circa 1.780. Un aumento costante che riguarda anche i bambini con disturbi specifici dell'apprendimento, Dsa, che nella nostra provincia sono circa 2000 e possono comprendere anche chi presenta problematiche legate ai disturbi alimentari, come l'anoressia, e al ritiro sociale. Gli alunni con disabilità e gli alunni Dsa rientrano nei Bes, bisogni educativi speciali, e vengono certificati: se per i disabili è richiesto l'insegnante di sostegno e un piano educativo individualizzato, per i Dsa è richiesto un piano didattico personalizzato, Pdp. E aumentando il numero di alunni con disabilità, aumenta la richiesta di insegnanti di sostegno: sono 1.093 i posti coperti, ma a fine ottobre arriverà un altro scaglione, per sono superati i numeri dello scorso anno scolastico, quando gli insegnanti di sostegno erano 1.076. Insomma, il post pandemia vede un incremento di bambini e ragazzi con problemi di varia natura. Non per ultimi quelli con disturbi alimentari e del comportamento: «Nella fascia 11-17 anni, nel 2018 c'erano 27 nuovi casi, nel 2021 ben 80 nuovi casi», specifica Antonella Squarcia, direttore della Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ausl.

«Per molti bambini - continua Squarcia - siamo noi che individuiamo, al termine di percorsi diagnostici multiprofessionali, quelli che si trovano in condizione di deficit e produciamo un referto specialistico contenente la diagnosi per la richiesta dell'accertamento della disabilità all'Inps. Contestualmente redigiamo la diagnosi funzionale che contiene anche le indicazioni di gravità per area funzionale e la "proposta di risorse per l'integrazione": insegnante di sostegno, figure educative, ausili. Partecipiamo in diverse modalità alle riunioni scolastiche in cui si predispone e si verifica il piano educativo individualizzato, illustrando anche i tempi e le modalità di svolgimento degli interventi terapeutici e riabilitativi di cui l'alunno può avere bisogno, integrando le figure professionali investite nel progetto di cura. Partecipiamo alla elaborazione di un progetto unitario di integrazione dell'alunno, in ottica di progetto di vita, quindi in continuità e in integrazione con gli altri ambiti frequentati dalla persona».

Cosa si intende per alunno certificato?
«Oggi a scuola ci sono diversi tipi di certificazioni. Abbiamo i bambini con disabilità e in questo caso l'handicap è certificato in linea con la legge 104 del 5 febbraio 1992. Una volta riconosciuto e verificato lo stato di disabilità dell'allievo e prodotti i relativi attestati, la scuola farà di tutto per favorire l'integrazione dello studente. Avverrà l'assegnazione di un insegnante di sostegno ed eventualmente di figure educative e congiuntamente con le figure sanitarie la scuola metterà in atto tutto il necessario. Il trend di certificazioni 104 è sicuramente in aumento, questo nuovo anno scolastico nella nostra provincia, abbiamo 1915 alunni con disabilità rispetto al dato di 1850 dell’anno scorso, mentre nell’anno scolastico 2018-19, nel pre-pandemia, erano 1780. Abbiamo poi le certificazioni per alunni non disabili che non danno diritto a figure di sostegno ma a programmi didattici calibrati sul singolo bambino per esempio i disturbi specifici dell'apprendimento; in questa categoria rientrano tutti i disagi contemplati dalla legge 170 dell'8 ottobre 2010, vale a dire discalculia, dislessia, disortografia e disgrafia in forma lieve, moderata o grave. Esistono parecchi motivi per cui un alunno necessiti di una didattica su misura, con l'applicazione di metodi a elevata specificità o alternativi a quelli usuali. Il tutto può avvenire in maniera transitoria o per periodi prolungati, a seconda dei disagi da superare e di quanto l'allievo è collaborativo. A parte i Dsa, nei Bes rientrano altre situazioni di frequente riscontro: Des (disturbi evolutivi specifici), Apc (alto potenziale cognitivo), soggetti con difficoltà psichiche e fisiche, situazioni di oggettivo svantaggio.  Queste ultime sono, il più delle volte, provvisorie, ma non mancano casi che necessitano di soluzioni mirate per tutto il ciclo di studi, al fine di ridurre al minimo la dispersione scolastica. Lo svantaggio può essere di ordine linguistico, socio-economico, culturale. Nella prima sotto-categoria rientrano bambini e ragazzi provenienti da Paesi stranieri e totalmente privi delle più elementari conoscenze di italiano; la loro difficoltà più grande è, quindi, quella di comunicare con insegnanti e compagni. Per favorirne l'integrazione è necessario stimolare gli alunni all'apprendimento della nostra lingua in modo divertente, persuasivo e senza forzature. Lo stesso dicasi per gli allievi bilingue che, però, continuano a parlare nel loro idioma originario. Il secondo sotto-gruppo comprende gli studenti in condizioni disagiate e in ristrettezze economiche; bambini e ragazzi delegati a tutori, con genitori disoccupati o assenti, spesso a contatto con autorità, Sert, assistenti sociali e quant'altro rientrano in tale casistica. Della terza categoria fanno parte quei bimbi o ragazzini che, per questioni legate alla loro provenienza o religione, hanno appreso abitudini e costumi differenti da quelli della maggioranza della popolazione. Ai docenti spetta il compito di favorire una pacifica convivenza tra due o più culture differenti. In alcuni casi, gli insegnanti provvederanno all'elaborazione del Pei (piano educativo individualizzato), mentre in altri manterranno il Pdp (piano didattico personalizzato) di base adeguando le metodologie ai casi specifici. A prescindere dalla tipologia di documento, tali programmi dovranno esaltare i punti di forza dell'alunno con fragilità. In tutti i casi le famiglie e le varie istituzioni scolastiche, area sanitaria, comune e provincia, ognuno per i propri rispettivi mandati, partecipa al progetto che è contestualmente sul singolo bambino e sul gruppo classe. Progetto complesso, perché gli interlocutori sono sempre tanti e tutti con istanze diverse, ma che devono essere integrate affinché il progetto sia efficacie».

E' vero che negli ultimi anni c'è stato un aumento delle certificazioni?
«Sì, il dato è in continuo aumento. Se partiamo dalla casistica della Neuropsichiatria ci possiamo fare un’idea della complessità che la scuola si trova ad affrontare. Ovviamente non tutti i casi che giungono in accoglienza alla Neuropsichiatria poi hanno una diagnosi o una certificazione, ma credo sia un dato molto interessante che ci deve fare riflettere. Anche se il periodo pandemico restituisce un dato di difficile lettura in merito ai tassi di accesso ai servizi. Dopo il calo di accessi, registrato nel 2020, si è osservato nel 2021 un aumento. La Neuropsichiatria infanzia e adolescenza, tornando ai valori pre-pandemici, è l’area del Daismdp (Dipartimento assistenziale integrato salute mentale dipendenze patologiche) in cui si è registrato l’incremento maggiore rispetto al 2020, da 90,4 ogni 1.000 abitanti nel 2020 a 106,1 nel 2021. Per quanto riguarda la popolazione straniera (residente e non), nel 2021 si è registrato un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. In linea con i cambiamenti demografici si è verificata una crescita di utenti di cittadinanza straniera in carico alle strutture della Npia, che nel 2021 rappresentano un quarto dell’utenza complessiva. I pazienti in carico sono costituiti dal 61,1% di maschi, mentre le femmine sono il 38,9%, ossia il 2,7% in più rispetto all’anno precedente. La distribuzione delle classi d’età che accedono alla Neuropsichiatria infantile ribadisce la netta preponderanza dei casi seguiti in età scolare (6-13 anni). Nel 2021, visto il trend di incremento della domanda, sono stati rimodulati gli accessi e assicurata la continuità di cura anche con interventi di telemedicina e teleriabilitazione. Diverse sono state le azioni messe in atto al fine di migliorare l’appropriatezza coinvolgendo i pediatri, la scuola, i servizi sociali, l’Autorità giudiziaria. Sono inoltre proseguite le collaborazioni con Fondazione Bambini e Autismo, Fondazione Don Gnocchi, Ospedale privato Maria Luigia e Cooperazione sociale. Allo scopo di affrontare tale criticità, nel 2021 si è implementato, oltre al sistema di accesso tramite Cup, quello ad invio diretto del Pediatra per l’attivazione dei diversi percorsi formalizzati. Per tali percorsi con invio diretto dei pediatri di libera scelta, per i percorsi giudiziari e per invii secondo protocollo con Servizi sociali, si è assistito ad un significativo contenimento dei tempi di attesa. Nell’ambito del Piano attuativo locale è stato sottoscritto il programma di integrazione nel Dai-smdp di Npia di Azienda ospedaliero-universitaria e Ausl che ha consentito di rimodulare i servizi di emergenza urgenza, di degenze nonché di promuovere la formazione congiunta. Sono aumentati i quadri clinici acuti sia per Disturbi comportamenti alimentari sia per tentati suicidi e condotte esternalizzanti. In ulteriore aumento anche le diagnosi di disturbo dello spettro autistico e di esordio psicotico».

A cosa è dovuto l'aumento?
«Negli ultimi anni vengono alla nostra attenzione molti più disturbi del comportamento e difficoltà di apprendimento. Queste definizioni però sono molto generiche e possono sottendere tante diverse difficoltà, disagi e solo a volte diagnosi vere e proprie di malattia, che poi nei casi di gravità funzionale portano alle certificazioni. In parte quest’aumento di difficoltà comportamentali e di difficoltà di apprendimento trova la sua origine nel fatto che a causa della pandemia i bambini hanno avuto modo di sperimentarsi poco nella regolazione. Hanno per lo più vissuto nelle regole del gruppo famiglia e in contesti noti e meno nelle regole di un gruppo più allargato e quindi per loro confrontarsi con il mondo scuola può essere molto complesso. Sembra non abbiano strutturato i prerequisiti di regolazione interpersonale, ma anche emozionale, nel tempo e nello spazio. Questa nuova complessità si recepisce bene ascoltando le maestre che ci raccontano di bambini molto cambiati, irrequieti o troppo inibiti, troppo infantili o troppo adultizzati. Con un rapporto con le regole di convivenza sociale molto difficile e non più scontato come ce lo potevamo immaginare. La complessità si percepisce anche ascoltando le insegnanti delle scuole secondarie. Il dato dell’aumento di queste difficoltà dei nostri bambini a rispondere alle richieste degli adulti si registrava anche prima della pandemia, ma sicuramente la situazione si è acutizzata. Negli ultimi anni con i pediatri, la scuola, i servizi sociali, le società sportive, gli spazi giovani, gli assessorati alle Politiche giovanili ci stiamo interrogando su questo fenomeno che, partendo dal modello biopsicosociale, riguarda l’intera società e comunità, ovvero il benessere dei bambini. Nel modello biopsicosociale il bambino è considerato nella sua naturale dipendenza dall’ambiente, nel fare emergere le competenze, così come nell’acquisire le proprie capacità e di conseguenza anche i suoi disturbi. Elementi di vulnerabilità individuale ed esperienze avverse precoci costituiscono precursori silenziosi per lo sviluppo di comportamenti problematici e disturbi mentali e oggi è questo il tema più significativo da affrontare. Le competenze diagnostiche sono enormemente aumentate con intercettazioni molto precoci di patologia ma credo si debba continuare con la stessa metodologia e rigore a lavorare sui contesti. Grande attenzione quindi alle Case della Salute (a Parma nel 2018 è sorta la prima casa della Salute per il bambino e per l’adolescente della nostra regione) che diventano Case della Comunità. La tematica è molto complessa perché intercetta il mandato più ampio, ricevuto dalla società civile, di pensare alla crescita ed al benessere dei bambini in una società strutturata in maniera sempre più complessa. Chiama in causa tutta la nostra comunità curante ed educante, che deve accorgersi ed intervenire sui segnali precoci rivelatori dei disagi dei bambini che siano di tipo famigliare, scolastico, sociale, culturale».