Gianmarco Reverberi

Asteroide «deviato»: nel team aerospaziale c'è anche un sorbolese

Monica Rossi

Sorbolo La notizia è circolata martedì: una sonda spaziale della Nasa ha colpito un asteroide a 14 milioni di km dalla Terra e l’impatto è stato immortalato da un minisatellite italiano.

I protagonisti di questa storia pazzesca sono: la sonda madre «Dart» (che si è ovviamente disintegrata), il minisatellite «LiciaCube» (ancora vivo e vegeto) e l’asteroide «Dimorphos», grande (stando alla Nasa) quanto un campo da calcio. E no, non è uno capitolo inedito del campione di incassi «Don’t look up». Si tratta, invece, della prima e molto reale missione di difesa planetaria della storia, nata grazie alla collaborazione tra la Nasa, l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e la torinese Argotec, nel cui team lavora un brillante ingegnere sorbolese.

È Gianmarco Reverberi, classe 1991 ed è una delle eccellenze del gruppo che ha assistito al lancio di «LiciaCube», grazie al quale è stato possibile salvare 620 immagini post impatto.

Dunque, quanto circolato nei giorni scorsi, va corretto. «Non è vero che quell’asteroide stava minacciando la Terra – spiega infatti Reverberi -. Si tratta invece di un test grazie al quale stiamo cercando di capire se una sonda potrà essere in grado di deviare un asteroide, qualora un domani ve ne fosse uno su una traiettoria pericolosa per il Pianeta. “Dimorphos” anzi non rappresentava un pericolo e abbiamo potuto lavorare in tutta tranquillità».

«Dart» è stata lanciata dalla Nasa a novembre del 2021, con incorporato su un lato il microsatellite della Argotec. «Quindici giorni fa è stato sganciato dalla sonda madre e ha potuto documentare passo a passo l’impatto con l’asteroide, al quale si è avvicinata alla velocità di circa 7 km al secondo. Ora, grazie alle osservazioni, gli esperti dovranno capire se è stato possibile deviarne la traiettoria».

Di certo, per ora, vi è che l’impatto ha prodotto un’enorme nube di detriti dalla quale sono partite scie di polveri illuminate dal sole. «Nessun oggetto italiano aveva mai operato a tale distanza prima d’ora – spiega ancora -. In dieci ore di operazioni, abbiamo avuto a che fare con tutte le eventualità che si sono succedute, confermando che “LiciaCube” aveva le carte in regola per una missione inedita».

Il racconto dell’ingegnere sorbolese restituisce uno spaccato di un’eccellenza tutta italiana, germogliata anche nell’Ateneo parmense: Reverberi infatti si è laureato a Parma in ingegneria elettronica nel 2016 e subito dopo si è interessato al ramo aerospaziale, rivolgendosi proprio ad Argotec. «Questo è un settore in rapida espansione che offre molto non solo a chi si laurea in ingegneria. In sei anni, sono diventato responsabile dello sviluppo software e oggi lavoro a due progetti».

Oltre a «LiciaCube», infatti, Reverberi è nel team del cubesat «ArgoMoon». Si tratta in pratica del primo «fotoreporter lunare» e verrà lanciato, nell’ambito di una missione Nasa/Asi, tra qualche settimana. Ma questa è un’altra storia e chissà… magari ve la racconteremo facendoci aiutare proprio da Reverberi.

Monica Rossi