Un 14enne all'ospedale

Ragazzino picchiato a scuola dal bullo: trauma cranico e naso rotto

Luca Pelagatti

Marco ha un sogno. E quando hai 14 anni è normale. Anzi, non solo è normale averlo ma è doveroso fare di tutto per realizzarlo. Anche se gli altri, i grandi, magari non ti credono, o peggio sembrano remare contro. Ma Marco (chiamiamolo così, per non renderlo riconoscibile) ha insistito fino a che la sua famiglia ha ceduto: e lo ha fatto iscrivere alla scuola che desiderava.

«I miei genitori erano perplessi, poco convinti, non ritenevano quell'istituto superiore un ambiente adeguato – spiega la sorella di lui. Che adesso, dopo quello che è successo, si trova costretta ad ammettere, suo malgrado, che forse avevano ragione loro.

All'inizio, però, non si poteva sapere anche se la brutta aria ha cominciato a tirare già nei primissimi giorni di lezione quando Marco, per non deludere i genitori, per dimostrare di meritarsi la loro fiducia, ha iniziato ad applicarsi come mai prima.

Si, perché va detto: lui a scuola non ha mai brillato. Ma questa volta, nell'istituto che aveva tanto voluto, ha deciso di farsi valere, di dimostrare che a 14 anni i sogni, volendo, si possono anche fare realizzare.

Per farlo ha iniziato a studiare con impegno, a prendere appunti come un forsennato, a non alzare la testa dal banco neppure quando i compagni, molto meno motivati, scherzavano, facevano fracasso. E addirittura ridevano di quel ragazzino così incomprensibilmente secchione ai loro occhi. «Ma non si limitavano a deriderlo: lo hanno minacciato, hanno iniziato a colpirlo con degli schiaffi, gli piantavano la penna nella testa da dietro», prosegue la sorella che a quel fratello più giovane vuole un gran bene. E vorrebbe quindi proteggerlo.

«Quando ho saputo quello che stava accadendo ho personalmente chiamato la scuola, ho parlato con qualcuno della direzione spiegando cosa stesse succedendo. Il mio scopo era quello di informare i docenti perché vigilassero, per prevenire situazioni peggiori», continua lei. Ma nonostante le rassicurazioni («Ha fatto bene a segnalarlo, ce ne occuperemo, sensibilizzeremo i professori della sezione», è stata la risposta) la situazione non è migliorata. Anzi: qualcuno dei più molesti tra i compagni di classe è arrivato a sibilare a Marco, durante una lezione, «tu alla fine dell'anno non arrivi vivo». Evidente il sottinteso: non sei come noi e te la faremo pagare.

«Ma sono ragazzate, certe scaramucce ci sono sempre state nelle classi», si potrebbe obiettare. Vero, sono le baruffe dei cuccioli che vogliono diventare grandi. Ma in questo caso i cuccioli, e uno in particolare, hanno dimostrato più volte di avere artigli affilati tanto che la madre di Marco, nei giorni scorsi, è stata costretta ad andare di persona a scuola per parlare con i responsabili.

Perché quel figlio così concentrato iniziava ad avere paura. Ancora una volta, naturalmente, la risposta sono state rassicurazioni, promesse, garanzie di interventi che però, purtroppo, si sono rivelate solo belle chiacchiere.

Lo dimostra l'ultimo atto, quello andato in scena pochi giorni fa quando Marco, durante una lezione, è andato in bagno anticipando, senza volere, il turno del compagno che lo aveva preso di mira. Una sciocchezza? Certo che si. Ma per chi si atteggia a duro ogni gesto diventa una provocazione, uno sgarro. E quelli si devono pagare.

Così quando Marco è tornato dal bagno l'altro lo ha prima aggredito verbalmente, per poi passare agli spintoni. E ben presto la classe è diventata un ring. «Gli altri ragazzi hanno iniziato a incitarci a fare a botte - ha riferito ai carabinieri Marco spiegando che solo a quel punto il professore, che fino ad allora aveva proseguito la sua lezione come se nulla fosse, - si è avvicinato allontanando tutti e riprendendo poi a spiegare».

Tutto finito allora? Ovviamente no. Dopo il suono dell'ultima campanella mentre Marco scendeva le scale è stato colpito con un primo pugno alla nuca e un secondo al volto che lo hanno fatto cadere.

«E quello che è in classe con me ha proseguito calpestandomi. Altri ragazzi lo hanno alla fine fermato mentre io ho evitato di reagire per paura di essere sospeso da scuola. Poi il personale mi ha portato nello studio del preside e mi ha dato del ghiaccio prima che mia mamma mi accompagnasse all'ospedale» conclude Marco che si è trovato a fare i conti con il dolore: quello delle umiliazioni e quello delle botte. Al Maggiore i medici per Marco hanno refertato un trauma cranico e una frattura delle ossa nasali stilando una prognosi di 20 giorni.

Questa è la fine della cronaca; la storia per ora si conclude qui. Le prossime puntate le dovranno scrivere i carabinieri che hanno ricevuto una denuncia per lesioni a carico di quel ragazzino manesco oltre che i responsabili della scuola che, decisamente troppo tardi, dovranno cercare di rimettere ordine in una vicenda che, da qualunque parte la si guardi, fa male.

Perché alla fine qui perdono tutti: il bullo ammalato di violenza che rischia un mare di guai; la scuola che si rivela molle e inerte; e soprattutto Marco. Che a 14 anni potrebbe scoprire sulla propria pelle che è bello avere un sogno. Ma che la realtà, a volte, è più simile ad un incubo.