INTERVISTA

Il vescovo: «Unire le forze contro le nuove povertà»

Luca Molinari

La povertà aumenta. E cambia pelle. Alla fame di pane si aggiunge anche quella di chi lavora, ma non riesce ad arrivare a fine mese per colpa del caro bollette e del forte calo del potere d'acquisto.

Il vescovo Enrico Solmi è chiaro: «Dobbiamo fare i conti con una povertà nuova, più letale e difficile da contenere». Fondamentale in questo senso unire le forze per dare risposte più incisive ai bisogni e prevenirli, per quanto possibile.

I dati di Caritas testimoniano un aumento dei poveri che tocca anche Parma. La crisi sta facendo emergere nuove povertà?
I dati che riporta oggi (ieri ndr) la «Gazzetta» esprimono già un aumento quantitativo molto significativo dei poveri (nei primi nove mesi di quest'anno sono stati offerti da Caritas quattromila pasti in più rispetto a tutto il 2021 ndr). Dobbiamo però tenere presente che andiamo verso l'inverno e che bisogna fare i conti con il grave problema del caro bollette. La povertà oggi si caratterizza ancora nelle forme classiche, ma il grosso problema delle utenze, già presente in passato, sta crescendo in maniera molto più marcata e tocca fasce di popolazione che finora riuscivano a cavarsela senza grandi aiuti. Il caro energia è un problema che riguarda tutta la società perché impedisce una crescita del Pil e, di conseguenza, la possibilità di generare nuovi posti di lavoro. Le persone inoltre hanno perso potere d'acquisto e fanno fatica a far fronte ai rincari. Per questo ci troviamo di fronte a una povertà nuova, più letale e più difficile da contenere.

Cosa si può fare per risolvere o almeno arginare il problema?
Un insieme di possibili soluzioni deve arrivare a livello europeo, per poter contenere le speculazioni dei prezzi che vanno a colpire soprattutto le famiglie e le persone povere. A livello locale invece possiamo già contare su una serie di interventi di emergenza per fare in modo che a Parma nessuno patisca la fame, dorma all'aperto o non possa farsi una doccia calda. Si tratta di risposte precise ai bisogni da parte di Caritas, che ora si devono legare a una nuova alleanza che coinvolga il terzo settore, gli imprenditori e gli enti locali. Una alleanza che favorisca la capacità di incontro tra la domanda di lavoro e i bisogni del mondo economico. Abbiamo tante aziende che necessitano di manodopera e persone non formate prive di un lavoro. Dobbiamo arrivare a questo incontro virtuoso e il terzo settore può essere fondamentale per guidare un percorso di formazione verso il lavoro. Così facendo potremmo ricondurre una serie di situazioni difficili verso un'altra prospettiva.

Oggi lo sforzo principale è quello di rispondere all'emergenza. Cosa bisogna fare per compiere un passo in avanti?
Abbiamo tante famiglie che fanno fatica a gestirsi con le proprie forze e hanno bisogno di un piccolo aiuto per arrivare a fine mese. Alcune devono fare i conti con arretrati nel pagamento dell'affitto, altre delle bollette. Spesso bastano interventi ad hoc per evitare sfratti o il cronicizzarsi di una situazione problematica che avrebbe, tra l'altro, costi aggiuntivi ben più elevati a carico della collettività. Quando una famiglia non paga l'affitto per 2-3 mesi di fila bisogna capire subito perché è entrata in questa spirale e trovare il modo di farla tornare in carreggiata. In questo senso, possono essere molto utili figure di tutoraggio che possano monitorare l'evolversi di determinate problematiche: dall'incapacità di utilizzare correttamente le risorse a disposizione, alla perdita del lavoro o alla riduzione della capacità di risparmio di una famiglia. Solo se siamo in grado di capire il problema celermente possiamo intervenire in modo efficace. Non è pensabile, ad esempio, che una volta offerta una casa a una famiglia che si trova in una situazione difficile, questa venga lasciata sola, senza tutoraggio.

L'emergenza casa è un altro problema che rischia di peggiorare. Come si può agire per arginarlo?
Il tema sfratti va assolutamente trattato in chiave preventiva, dando vita a una alleanza col terzo settore. Ci sono disponibilità, ma servono dei tavoli che possano analizzare le situazioni e creare una sinergia per lavorare sulle situazioni a rischio. Non è possibile che arrivino persone sfrattate il venerdì sera davanti alla porta della Caritas senza preavviso. E' arrivato il momento di lasciare da parte ideologie, reazioni emotive o tendenziose, per creare tavoli di lavoro in cui promuovere progetti sia sull'edilizia popolare, numerosi appartamenti sfitti potrebbero essere ristrutturati, che sulle garanzie da offrire ai proprietari che decidono di affittare i propri appartamenti.

In più occasioni ha ricordato che il primo compito della città e delle istituzioni è quello di non lasciare indietro nessuno. Sta avvenendo?
La nostra città si qualifica dall'opportunità che viene offerta a tutti. Siamo una terra benedetta sotto tanti profili, penso alle nostre eccellenze e alla laboriosità della nostra gente. Un cambio di passo può essere questo: prospettare il futuro voltandosi indietro. Sembra un ossimoro, ma bisogna guardare le situazioni di difficoltà e dove ci sono le risorse per risolverle. Serve un cambio di passo nell'alleanza tra i soggetti che hanno potere di intervenire sul nostro tessuto sociale e sugli ambienti lavorativi. È possibile farlo attraverso una sensibilità nuova, anche da parte dell'ente pubblico. Ci vuole un cambio di passo.

Un'ala del seminario è stata trasformata in un dormitorio. Un'azione simbolica per mettere al centro gli ultimi. Quali sono i prossimi passi da compiere?
La trasformazione di parte del seminario è stata una scelta compiuta già prima che il Papa lo chiedesse e ha visto la sinergia di tanti. E' più che mai importante trovare il modo di ascoltare e dare voce ai poveri e a chi rischia di diventarlo. Bisogna trovare una forma strutturale per fare in modo che questo diventi possibile. Come Chiesa lo stiamo cercando di fare attraverso il percorso sinodale, aprendo gruppi di confronto sul tema dei poveri. Dobbiamo pensare con creatività a un ascolto compiuto anche in ambiente laico. Non solo. Le mense dei poveri, penso ad esempio a quella Caritas, soprattutto ora che è pienamente autonoma nella produzione dei pasti, può aprirsi alla città, creando forme positive di integrazione. Sarebbe bello promuovere momenti aggregativi a tavola o, più semplicemente, ospitare chiunque desideri vivere la propria pausa pranzo al fianco dei poveri.