MISSIONE

Equipe parmigiana in Ruanda, in 10 giorni operati venti bimbi e ragazzi

Chiara Cacciani

La mattina del pre-ricovero era irrintracciabile: in ospedale nessuno l'aveva visto. Poi è arrivato, Dominique: non voleva perdere un minuto di scuola più del necessario, nemmeno per l'intervento chirurgico che aspettava da 16 anni e che ora gli ha cambiato la vita.

Ospedale di Butare, Ruanda. E' da lì che una équipe volontaria di chirurghi pediatrici, anestesisti e infermiere coordinati dall'associazione parmigiana «Operare per» ha appena fatto ritorno. Per dieci giorni si sono suddivisi tra due sale operatorie, turno 8-18, per realizzare una ventina di interventi di grossa chirurgia su bambini e bambine. «Qui non stiamo parlando di ernie e di circoncisioni, ma di grosse malformazioni all'apparato gastroenterico per cui si rischia la morte» precisa Carmine Del Rossi, ex direttore della Chirurgia Pediatrica del Maggiore e 52 missioni all'attivo. Dal 1981 il Bangladesh ogni anno (salvo Covid), e poi l'Iraq, il Ruanda e il Nicaragua, ma anche l'Uganda con Emergency.

E' lui la testa (e alla testa) di «Operare per» («la cosa migliore che ho fatto nella vita dopo i tre figli»). Al suo fianco per l'ennesima volta - ben oltre 40 - Simona Fontechiari, infermiera del reparto di Otorino. Dal Maggiore sono partite anche la chirurga pediatrica Francesca Caravaggi e le infermiere Enathe Urimubneshi Murekabiri, Angela Scaloga, Katia Ugoletti, Hasnaa Hamsas e Patricia Escobar Diaz. Con loro, da Rimini il chirurgo Alberto Ratta e l'anestesista Caterina Muccioli, e da Sondrio un altro anestesista Simone Del Curto.

«Si lavora con l'equipe locale, ci si mescola: servono capacità di adattamento e compromessi ma trasmettere conoscenza ci permette di incidere nella realtà quotidiana, quella dei giorni in cui non saremo più lì», sottolinea Fontechiari. «Fortunatamente per queste missioni - dicono -c'è la fila». Un'urgenza di mestiere, vocazione e anche umana: si utilizzano le ferie per andare dove qualcuno chiama. Enthe, l'infermiera ormai parmigiana, è stata la prima a portare l'attenzione sul suo Paese e a trovare il contatto con il Ministero della Salute ruandese. Parla di un Ruanda che ha saputo arrivare a una riappacificazione dopo l'orrore del genocidio, che sta accogliendo profughi dalla Libia, Del Rossi. «Un Paese che merita un aiuto ulteriore: vogliamo donare a Butare un reparto di chirurgia pediatrica e cercheremo l'aiuto di enti e fondazioni».

Dal telefono spunta la foto di un bambino sbilanciato da una pancia sproporzionata, inquietante. «Ci si chiede come sia vivo, vero?». E' lo stesso che compare nell'immagine successiva: le bende sulla parte operata, la risata che si prende la scena. Quella che vale sempre una nuova partenza.