Il neo amministratore di Asp
Andreoli: «Con i fondi del Pnrr riqualificheremo i nostri immobili»
Le chiavi del suo nuovo studio gliele consegneranno oggi, e allora le foto sono scattate lì, davanti a uno dei luoghi simbolo: il Comprensorio Villa Parma in piazzale Fiume.
E’ decisamente fresco di incarico Stefano Andreoli, avvocato, 54 anni, nuovo amministratore unico di Asp Parma. Viene da un’esperienza lunga e sfidante: quella di coordinatore del direttivo del Comitato per San Francesco del Prato, che ha permesso –a proposito di chiavi - di riaffidare il gioiello recuperato alla città.
Come vive questo cambiamento di esperienze?
Come la continuità di un impegno per la mia città. Lo è stato occuparmi di restituire un pezzo di storia e di cultura ad un quartiere in via di riqualificazione e rivitalizzato. Lì, ad esempio con la Casa della Musica, aveva investito e investe anche oggi il Comune, lì ha investito l’Università che ha aperto aule e trasferito parti amministrative: in questo disegno San Francesco del Prato non poteva mancare. E allo stesso modo lo sarà occuparmi delle persone che questa città e questo territorio lo vivono, partendo dai loro bisogni, dalle risposte urgenti che chiedono.
A maggior ragione, si può immaginare, con l’eredità lasciata dalla pandemia: è così?
Sì: sono emerse ancor di più le solitudini, le difficoltà delle famiglie di fronte a problematiche di difficile gestione. Tutto questo si è inserito in una fase in cui all’aumento dei bisogni corrisponde una contrazione delle risorse a disposizione. Questa duplice dinamica può essere affrontata solo in un’ottica collettiva e di comunità, e il nostro ruolo dovrà essere pensato e integrato alle politiche delle Amministrazioni comunali e in rete con le realtà vive del territorio. Se c’è un’altra cosa che mi accompagna dal progetto per San Francesco del Prato, è l’aver chiaro che solo mettendosi insieme si possono perseguire obbiettivi alti e lavorare per realizzarli. Sono cresciuto nel mondo del terzo settore inteso nel modo più ampio, e sono valori in cui mi riconosco profondamente.
A cosa si riferisce?
Ho vissuto lo scoutismo con l’Agesci, ho alle spalle una storia di impegno nella vita parrocchiale e diocesana e di contatto con varie realtà giovanili. Alcune le ho incrociate anche grazie ai due mandati nel CdA di Fondazione Cariparma, che ha sostenuto tanti progetti. Inoltre, durante l’emergenza Covid, in accordo con l’ospedale e Cvs Emilia, si è creato un gruppo di volontari per la restituzione ai familiari dei beni appartenuti ai loro defunti. So quanta ricchezza di idee, di volontà e di valori c’è sul territorio.
Da oggi si confronterà con il «terzo tempo» della vita. Da dove parte?
Dal dire che la dignità e il valore delle persone non conoscono età: l’impegno è sull’uomo nella sua interezza, dalla nascita all’ultimo respiro. Oggi affrontiamo la denatalità e un progressivo invecchiamento della popolazione: dobbiamo impegnarci su entrambi i fronti, su chi nasce e anche su chi ha speso la vita per costruire il Paese in cui siamo. Non siamo fatti per sopravvivere ma per vivere: e la qualità della vita deve restare il più possibile al centro. A questo proposito, c'è il tema che riguarda il personale che opera in Asp.
Come lo interpreta?
Con l'importanza della qualificazione e anche della qualità delle condizioni di lavoro, e parlo sia di personale dipendente sia di quello interinale. Hanno un compito importantissimo: affiancarsi e a volte sostituirsi alle famiglie nella cura di persone con fragilità. La qualità dell'ambiente di lavoro è importante per il loro stesso benessere e per esperire al meglio il prezioso e delicato compito che hanno. La sfida è reinterpretare oggi la storia, così come è successo per Asp: le sue radici hanno 500 anni e parlano di assistenza anche ai lattanti, alle puerpere, alle madri di gemelli, ai carcerati. Anche noi, come allora, dobbiamo metterci a servizio dei nuovi bisogni, aprendoci alla città, al territorio, agli altri enti e realtà: un welfare allargato.
Quali sono le prime idee «a caldo»?
Ci sono fiori all’occhiello da mantenere e se possibile sviluppare che riguardano il co-housing e gli spazi collettivi: Villa Ester in Oltretorrente è una vera e propria Casa del quartiere, dove si fa promozione sociale, dove nascono e si mantengono relazioni e legami e si lavora sulla tenuta sociale. E ospita (una seconda sede è a Colorno, all’interno della Cra San Mauro Abate, ndr.) lo sportello Cissa per mettere in contatto assistenti familiari e le famiglie. C’è il progetto della telemedicina appena avviato, per garantire la maggiore domiciliarità possibile e diverse forme di housing sociale. E poi ci sono i fondi del Pnrr: anche Asp prende parte a questo grande movimento nel segno dello sviluppo e del rilancio.
A cosa saranno destinati?
Esiste un patrimonio immobiliare importante, che è una ricchezza per l’ente e per Parma. Una parte di questi immobili necessita di essere riqualificata. In linea con l’Amministrazione comunale, credo sarà importante avere un tavolo di approfondimento e di co-progettazione con il mondo del welfare allargato. È così che potremo individuare vere iniziative di sviluppo per la nostra comunità.
Chiara Cacciani