TRUFFA E FALSO

Finanziamenti al Regio, Pizzarotti e l'ex dg Meo rinviati a giudizio

Georgia Azzali

Fondi preziosi come boccate d'ossigeno salvavita quando si ha fame d'aria. Un sostegno fondamentale, i finanziamenti pubblici per i teatri italiani, come quelli milionari arrivati al Regio tra il 2016 e il 2017. La norma prevede requisiti specifici per ottenerli, ma in quel caso - secondo la procura - le regole sarebbero state dribblate. E ieri, come richiesto dal pm Paola Dal Monte, l'ex sindaco Federico Pizzarotti, in qualità di presidente della Fondazione Teatro Regio, l'ex direttrice generale Anna Maria Meo e il presidente dell'Orchestra Filarmonica Italiana, il bresciano Paolo Mandelli, sono stati rinviati a giudizio. Truffa ai danni dello Stato e falsità ideologica, le accuse per l'ex primo cittadino e per Meo, ma l'ex dg del teatro e Mandelli sono imputati anche di peculato. Il processo prenderà il via il 10 maggio.

Oltre 2 milioni di euro i finanziamenti piovuti per quella stagione e finiti nel mirino degli inquirenti. Al centro dell'indagine, portata avanti dalla Guardia di finanza, alcune rappresentazioni del Festival Verdi: in totale tre rappresentazioni delle opere «I Masnadieri» e «Rigoletto» nel teatro di Busseto. Rappresentazioni che, proprio per le dimensioni del Verdi, bellissimo ma altrettanto piccolo, non avrebbero potuto prevedere 45 musicisti nella buca. Eppure, quello era il numero stabilito per poter ottenere i finanziamenti. E quello è il numero finito sulla richiesta per incassare i fondi. Insomma, attestazioni non corrispondenti al vero, secondo gli inquirenti, tanto da ipotizzare i reati di falsità ideologica e truffa ai danni dello Stato. Quegli orchestrali scritturati per «prestazioni mai rese» hanno poi fatto scattare l'accusa di peculato nei confronti di Meo e Mandelli, visto che alcuni musicisti sarebbero stati a chilometri di distanza in quelle serate.

E distanti dall'aula di tribunale ieri sono rimasti tutti e tre gli imputati. «Francamente confidavamo in un "non luogo a procedere", ma a processo ci sarà molto da discutere - sottolinea Matteo Manici, difensore di Pizzarotti -. Non c'è stato danno né alcun ingiusto profitto, perché è il ministero stesso a scrivere che quelle rappresentazioni, finite nell'imputazione, sono irrilevanti ai fini del contributo».

Insomma, al di là del falso, non ci sarebbe stato alcun dolo. Oltre che - di conseguenza - nessun danno per quanto riguarda l'ipotesi di peculato. Tesi sostenute anche da Mario Bonati e Agostino Savarese, difensori rispettivamente di Meo (assistita anche dall'avvocato Luigi Stortoni) e Mandelli, che però hanno preferito non commentare la decisione del giudice.

Finanziamenti regolari o ministero truffato? Bisognerà attendere il processo.

Georgia Azzali