Intervista

Elisabetta Pozzi: «Non baratterei un minuto della vita che ho avuto»

Mara Pedrabissi

È “nessuna” e “centomila” dei personaggi che ha interpretato. È, soprattutto, “una” nel senso di “unica”. Non ha tradito se stessa Elisabetta Pozzi, la “rossa” del teatro, che torna in scena a Parma, città dove a lungo ha vissuto sempre attenta a ciò che accadeva “sotto” il palcoscenico, impegnandosi per la “res publica”, dall'impegno civico ai tempi di Elvio Ubaldi all'adesione al sorgere del Movimento Cinque Stelle («una terribile delusione»).

Martedì e mercoledì sarà a Teatro Due (ore 20.30) con «The Children», premiato testo della britannica Lucy Kirkwood, una denuncia delle difficoltà dell’uomo sulla Terra oggi, dalla incomprensione tra generazioni ai danni all'ambiente, produzione Centro Teatrale Bresciano.

Elisabetta, un testo più che contemporaneo, in “prima” nazionale assoluta.

«Lo spettacolo è nato prima come lettura a Brescia, poi, visto il successo, ci hanno chiesto di farne una messa in scena. Arriva dritto come una freccia al cuore dei temi che tratta, grazie alla geniale capacità di scrittura di questa autrice. Tema centrale è la responsabilità delle azioni, la necessità di pagare per gli errori compiuti... tema molto attuale».

Molto, se ne parla a proposito di Ischia in questi giorni. In scena lei e Giovanni Crippa siete una coppia di fisici nucleari in pensione. C'è stato un recente disastro. All'improvviso arriva un'amica e collega che credevate morta (Francesca Ciocchetti). L'equilibrio si spezza...

«Con Giovanni e Francesca siamo tre colleghi ma soprattutto tre amici che si spartiscono questa “torta”, un gioco magnifico... il racconto scorre quasi come come un giallo e il pubblico entra nel gioco. All’inizio tutto sembra diverso da quello che è. Ecco è divertente nel senso etimologico, cioè siamo lì e creiamo qualcosa di diverso da noi e sentiamo ogni sera la reazione “viva” del pubblico».

Regista è Andrea Chiodi, tra l'ha già diretta anche a Parma in testi sia classici che contemporanei. Qui, nella fattispecie, cosa vi ha chiesto?

«Non c'è stato qualcosa di “chiesto”, tutto è stato condiviso. In questo sta la bravura di Andrea che non ci ha imposto cliché attoriali; non c’è uno spartito. La griglia siamo noi. C’è un testo e noi non lo cambiamo ma lo gestiamo ogni sera in modo differente, è un teatro vitale e non mortale».

Elisabetta Pozzi è una Maestra del teatro oggi. Guardando indietro, con il filtro del tempo, chi è stato fondamentale nella sua carriera?

«Il percorso di un attore si valuta durante l’arco di tutta la carriera, per cui negli ultimi sette anni ho avuto nuovi maestri che sono anche i miei allievi. Certamente l’imprinting l'ho ricevuto da Giorgio Albertazzi con cui ho recitato i primi otto anni, agli esordi. Come fondamentale resta aver lavorato in quegli anni con Luigi Squarzina. Ma Giorgio è stato il maestro che mi ha formata».

Ai giovani - e a Teatro Due ne vengono tanti - che non hanno avuto la fortuna di conoscere questi giganti per ragioni anagrafiche, come li racconterebbe?

«Purtroppo mi spiace per questi giovani perché gli anni che viviamo sono una trappola terribile. L'invasione del mondo virtuale è oramai insopportabile; non baratterei un minuto della vita che ho avuto con quella dei giovani oggi. Parlo da direttrice didattica della scuola del teatro di Genova e vedo la difficoltà dei ragazzi, pur intelligentissimi e con molta voglia ma con l’immaginazione bloccata. E il teatro è immaginazione. Il problema è che siamo tutti dentro a un buco nero e magari tra quarant’anni usciremo da questa tana del Bianconiglio ma io non ci sarò più...».

Di sicuro si indigna ancora

«Mi indigno, continuo a fare quello in cui credo e continuerò a farlo finché ne avrò la possibilità. Non dico la voglia perché voglia ne avrò sempre, però è una strada difficile quella che ho scelto. Riesco a portare i testi che scelgo io nei teatri importanti perché mi sono costruita una credibilità facendomi un gran mazzo e rinnovandomi la fiducia ogni anno da capo. Mi rendo conto che altri non possono farlo».

Suoi colleghi di grande reputazione a teatro come Lino Guanciale o Maria Paiato, “mischiano” anche con la fiction sulle reti generaliste o in streaming...

«No, basta. Oramai il cinema e la tivù mi sono diventati noiosi, forse mi dovrebbe arrivare una proposta davvero allettante. Negli ultimi anni ho ricevuto proposte per fiction di Rai 2 e Mediaset, anche belle, ma non sono andata ai provini perché non mi interessavano».

In questo possiamo dire che Elisabetta Pozzi è sempre la stessa...

«Può scriverlo grande come una casa: non ho tradito me stessa, sono rimasta fedele alle mie convinzioni e vi invito a vedere uno spettacolo che dura un’ora e 40 minuti, vola via leggero e vi lascia dentro qualcosa di potente».

Mara Pedrabissi