Caro energia

Volontariato, costi troppo alti: associazioni a rischio

Luca Molinari

Fare volontariato costa. E non sempre è facile far tornare i conti per le associazioni, soprattutto in un periodo come questo, in cui rincari e inflazione hanno raggiunto livelli da record.

Per comprendere gli effetti che ha avuto la pandemia sul mondo del volontariato, Csv Emilia (il centro servizi per il volontariato) ha effettuato una rilevazione statistica, dalla quale emerge che il 15 per cento delle associazioni non ha le risorse necessarie per chiudere in pareggio il bilancio. Non solo. Un 25 per cento riesce a far tornare i conti, ma soltanto utilizzando le risorse che ha accantonato nel corso degli anni passati.

In sostanza quindi, il 40 per cento delle associazioni deve fare i conti con difficoltà economiche che, a lungo andare, rischiano di ripercuotersi sui servizi offerti e, ancor peggio, di non essere sostenibili.

Se si conta che a Parma le organizzazioni di volontariato sono circa un migliaio, si comprende subito quanto sia esteso il problema. «Su questa già complessa situazione del post pandemia - spiega Arnaldo Conforti, direttore di Csv Emilia - si va a innestare l'emergenza del caro bollette, un ulteriore aggravante che si ripercuote su tutte le realtà del volontariato, a partire da quelle che utilizzano e quindi devono riscaldare spazi molto ampi».

Le associazioni di volontariato non sono immuni dalla scure del caro energia. I rincari infatti sono generalizzati e molte realtà rischiano di trovarsi alle prese con costi fuori controllo. Le associazioni che offrono servizi alla collettività vivono di contributi, donazioni, convenzioni. E di sacrifici. Adesso che i bilanci sono in bilico diventa davvero complesso far quadrare i conti e proseguire con i servizi finora offerti senza ritoccarli al ribasso.

Il problema rischia di diventare di difficile soluzione se non si interviene velocemente e in modo incisivo.

«Le ricadute rischiano di essere molto serie - osserva Conforti - e in alcuni casi, rischiano di provocare grandi problemi nella prosecuzione delle attività delle associazioni».

Dalla rilevazione statistica emerge anche che nel post pandemia «il 15 per cento delle associazioni ha interrotto o ridotto fortemente la propria attività - prosegue Conforti - mentre il 30 per cento ha ridefinito la propria attività cambiando il target o l'oggetto del proprio lavoro». «Il dato più significativo - commenta lo stesso Conforti - riguarda quel 30 per cento di associazioni che ha modificato il proprio modus operandi, perché significa che una fetta importante del volontariato è in grado di adattarsi ai cambiamenti in modo dinamico».

Un'altra novità riguarda la composizione dei volontari. Pure in questo caso c'è stato un rimescolamento rispetto alla situazione pre pandemia. «Un terzo delle realtà - precisa Conforti - ha guadagnato volontari, un terzo è rimasta costante e un terzo è diminuita». «Faremo partire una campagna per la ricerca di nuovi volontari - annuncia il direttore di Csv Emilia - ma la novità più interessante riguarda l'aumento dei volontari in età lavorativa, solitamente la fascia più bassa a livello quantitativo».

Mediamente, i volontari attivi (ossia impegnativi per almeno 2 ore la settimana) sono il 3 per cento della popolazione. Nel caso del nostro territorio si tratta di circa 20-25 mila volontari su Parma e Provincia.

«Nel post pandemia - racconta ancora Conforti - c'è stata una vera e propria esplosione di persone in età lavorativa che vogliono fare volontariato. Le ragioni sono molteplici: c'è chi ha cambiato lavoro, chi ha maggiore tempo libero grazie allo smart working e chi ha maturato questa scelta dopo quanto accaduto nell'emergenza Covid. Di contro si sono persi un po' di anziani».

Luca Molinari