L'impresa

Dal Sudafrica alla Mongolia in bici, il viaggio infinito di Lorenzo Barone

Antonio Bertoncini

Un uomo solo al comando lo è (viaggia da solo), il suo nome non è Fausto Coppi, ma l’eco delle sue imprese spopola sul web. Lorenzo Barone, 24 anni, di San Gemini, ha una passione per le sfide impossibili sulle due ruote. In sella alla sua bicicletta, robusta e senza fronzoli, munito di tendina e catene di ricambio, ha attraversato sterminati deserti e ghiacciai eterni.

Grazie a quattro ragazzi - Nicola Cavallotti, Lorenzo Menozzi, Luca Fantuzzi e Nicolò Tassi - Lorenzo Barone ha raccontato le sue avventure dinanzi ad un folto pubblico di giovani domenica scorsa alla Casa del Parco del Cinghio. L’ultima pazzia, e sicuramente la sfida più estrema, è quella di percorrere la strada più lunga del mondo, i 29.000 chilometri che separano il punto più a sud dell’Africa, capo Aghulas in Sudafrica, da quello più ad est dell’Asia, capo Deznev, nello stretto di Bering, estrema propaggine dello sterminato territorio russo.

Lorenzo Barone è partito il 18 febbraio scorso dalla punta dell’Africa “per realizzare un sogno”: «In Sudafrica – ha raccontato con l’ausilio delle bellissime ed eloquenti immagini – si respirava una certa aria di violenza, in Namibia ho pedalato sulle piste di sabbia fra zebre, gazzelle e scimmie, in Botswana ho attraversato la Savana accompagnato dagli elefanti». Poi è arrivata la stagione delle piogge nell’Africa più vera: «Lo Zambia mi ha regalato lo spettacolo delle cascate dello Zambesi. È stato più problematico l’attraversamento della Tanzania, con il sacco di cellophane per ripararmi dalla mosca tse-tse e dal rischio della malaria, fra ippopotami, coccodrilli e zebre».

Poi via attraverso l’Uganda, il Kenia, in mezzo al fango, e l’Etiopia, sempre pedalando in quota, fino a raggiungere i 3000 metri in mezzo alle tribù guerriere, con cibi immangiabili, immancabile crisi fisica e arresto in caserma per 18 ore.

«Quando sono entrato in Sudan, mi sembrava il Paradiso, anche se il vento del deserto mi costringeva a pedalare di notte». Il viaggio è proseguito in Egitto, fino al Mediterraneo, a Porto Said, dopo aver percorso 12.000 chilometri in 106 giorni. Lì cambia abbigliamento, sistema la fedele bicicletta, vola in aereo in Turchia, da dove riparte attraversando l’Anatolia e la Georgia, e supera il Caucaso per arrivare in Cecenia.

In Kazakhistan si fa 2000 chilometri di steppa in mezzo alle cavallette. Arriva finalmente ad Omsk, dove si ricongiunge con la moglie Aigul, che lo accompagna per i 3000 chilometri successivi attraverso la steppa fino alla Mongolia, ad Ulan Batar, dove si interrompe il sogno di Lorenzo: «La guerra in Ucraina mi ha impedito di entrare in Russia, ma nel mondo ci sono tante altre strade da percorrere».

Intanto si consola mandando sullo schermo le immagini di un precedente viaggio estremo nei ghiacci della Siberia, in mezzo alle piste di ghiaccio che sembravano non finire più e migliaia di chilometri sul fiume ghiacciato. Sulla strada più lunga del mondo ha pedalato dalle 7 alle 10 ore al giorno per 7 mesi, percorrendo 20.733 chilometri sui 29.000 programmati. Ma l’impresa resta, e l’avventura non finisce qui.