Stop alle limitazioni Covid

Nascite, riecco papà e parenti in reparto

Chiara Cacciani

Proprio nei giorni che ruotano attorno alla Nascita più misteriosa e rappresentata, quella che – avanti e dopo - ha spezzato in due la Storia, a Parma le nascite hanno ritrovato quel contesto prezioso di affetti e condivisione che la pandemia aveva ridotto quasi al lumicino.

Lo chiedevano i futuri genitori, lo sollecitavano le associazioni che si occupano di gravidanza, parto e sostegno alla genitorialità, ed è accaduto il 22 dicembre: nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Maggiore gli orari di visita a mamme, neonati e neonate sono tornati alla quasi normalità. «Normalità» sta per le aperture classiche: due ore al mattino, due al pomeriggio e una alla sera. Il «quasi», invece, è per le accortezze che fino al 31 dicembre - data fissata da decreto come fine dell’emergenza Covid-19 - garantiscono un minimo di protezione sia a chi si affaccia alla vita, sia a chi ha davanti giorni delicati in cui si costruiscono legami, competenze e nuova quotidianità.

«Pur avendo aumentato la possibilità delle visite, abbiamo deciso di mantenere come attenzione quella di alternare i pari e dispari dei numeri dei letti per evitare assembramenti all’interno delle stanze doppie – spiega il direttore della Struttura Complessa, Tullio Ghi - . Chiediamo a chi viene di indossare la mascherina e di avere un tampone negativo come prova: la circolare ministeriale indica di tenere alta la vigilanza negli ambienti sanitari fino a fine anno. Ma l’intenzione è di far cadere appena possibile anche le misure a scopo prudenziale: abbiamo la piena consapevolezza che per una donna che partorisce l'inserimento dei propri affetti ha un ruolo fondamentale». Di più: «Il percorso nascita, che continua con il ritorno a casa, può esprimersi al meglio se già in ospedale una mamma può essere affiancata dalle persone che ritiene importanti per la sua vita, ricevendone subito sostegno psicologico e supporto». Il «chi ben comincia».

Il piano di riapertura lo studiavano già da tempo, dice: «Io per primo e anche la direzione del Maggiore sin dall’autunno abbiamo monitorato costantemente la situazione epidemiologica, quel che veniva fuori dalla Regione e anche gli effetti dell’influenza». Ciò che la pandemia non ha mai messo in discussione, invece, è stata la presenza dei papà nelle sale parto, anche quelle allestite per mamme Covid-positive. Quest’anno sono stati 125 i casi su 2500 nascite: «Alcune di loro sono arrivate ignare di aver contratto il virus e lo abbiamo scoperto qui. A volte anche dopo il parto, se non c’era stato tempo di fare un tampone prima. E per questo abbiamo riposto molta attenzione verso i papà: oltre a tampone negativo e protezioni individuali, anche al loro stato vaccinale. Per i giorni successivi era molto più importante evitare il rischio che un partner non vaccinato si potesse infettare e poi avere una manifestazione clinica impegnativa». Da gestire in un momento altrettanto impegnativo.

Risale invece a febbraio la possibilità per i futuri papà di assistere le compagne durante il parto cesareo. Lo chiamano «taglio cesareo familiare», è stato pensato «allo scopo di privilegiare quel momento come un evento della famiglia e non della sola donna» e viene proposto per tutte quelle situazioni in cui non si sono manifestati rischi gravi per la madre o per il nascituro. Ad oggi lo sceglie quasi la metà delle famiglie.

Come funziona? Grazie a un telo che «divide» il corpo della donna: al di là la parte chirurgica, al di qua il padre, seduto al suo fianco, accanto al suo volto, senza la possibilità di rimanere impressionato durante nessuna delle fasi. E grazie ad una particolare apertura dello stesso telo: «E’ da lì che il bimbo o la bimba vengono appoggiati sul grembo materno, ancora con il cordone ombelicale intatto. Dopo la visita del neonatologo, se tutto è a posto il bimbo torna immediatamente sul torace della madre e quella è una scena bellissima - racconta Ghi, con autentica emozione nella voce –. La immagini: il papà, la mamma, il bimbetto al seno e i medici dall’altra parte...» . Non solo un quadro di grande serenità: «Ormai sappiamo da tanti studi che sono momenti cruciali per creare subito un legame, per permettere di riconoscere gli odori di entrambi i genitori».

Si chiama «bonding» e in quei primi secondi e poi minuti di contatto fisico permette di stringere un legame di cuore per la vita. E di far davvero nascere, oltre a un bimbo o una bimba, anche un papà.

Chiara Cacciani