IL PRESIDENTE DELL'UPI
Gabriele Buia: «Le sfide del futuro per far crescere il nostro territorio»
Si dice «preoccupato ma non pessimista», Gabriele Buia, nell’analizzare la situazione che stiamo vivendo e nell’immaginare il 2023 che ci aspetta. Elenca una serie di priorità e di sfide importanti – dallo sfruttamento dei fondi del Pnrr al potenziamento delle infrastrutture – per fare crescere il territorio. Esorta a fare in fretta, a marciare uniti per il bene della città, a puntare sulla concretezza e lasciarsi alle spalle dietrologie e “opposizione a tutti i costi”. E lancia una grande sfida, pensando alla città del 2030: un lavoro corale, sviluppato attraverso tanti tavoli tematici con il coinvolgimento di tutte le forze del territorio, per analizzare la situazione e studiare obiettivi da porsi e raggiungere nei prossimi anni.
Presidente Buia, qual è lo stato di salute dell’economia parmense?
«Il mondo industriale è sano e ha dimostrato resilienza, dopo i lunghi, terribili mesi della pandemia, reagendo con grande dinamismo e cavalcando l’onda della crescita per riprendere fiato. Oggi, purtroppo, ci troviamo a fare i conti con ulteriori problemi: dal caro energia all’inflazione, all’aumento dei tassi di interesse, che stanno mettendo a dura prova tutto il tessuto industriale e sociale. Gli indicatori di crescita nazionale non sono certo entusiasmanti: pensare che l’Italia possa crescere dello 0,4% significa stagnazione: e non è certo quello di cui ha bisogno il Paese».
Preoccupato per il 2023?
«Sono preoccupato ma non pessimista. Mi preoccupa soprattutto il primo semestre del 2023: la speranza è che le misure che ha adottato il governo, specialmente i ristori sul caro energia, possano mitigare il rischio di stagnazione, per poi rilanciare il sistema industriale e poter tornare a vederlo crescere nel secondo semestre».
C’è un clima di grande incertezza.
«Ancora una volta gli imprenditori si vedono costretti a fare i conti con variabili che non dipendono da loro, bensì dalla situazione geopolitica, con una guerra a pochi chilometri da noi che non si può prevedere quando finirà, alla situazione epidemiologica in Cina, che torna a essere molto allarmante. Di sicuro, questa situazione genera una grande incertezza che nei prossimi mesi può minare il tessuto socio-economico: io confido sul dinamismo delle imprese del nostro territorio e sono convinto che anche questa volta sapranno fare fronte alla situazione e superare i problemi. La forza del nostro tessuto imprenditoriale è garantita dalle grandi eccellenze, ma anche dal sistema delle piccole e medie imprese, capaci e innovative. Non è un caso che Parma sia, da sempre, ai vertici delle classifiche sulla qualità della vita».
Oltre al caro energia, c’è il tema della carenza e dell’esplosione dei costi delle materie prime.
«Anche questo è fonte di grande preoccupazione. La difficoltà nel reperire componenti elettroniche è drammatica: proprio per questo aziende che hanno un’infinità di ordini incontrano difficoltà per evaderli. È evidente che non si tratta solo di un problema delle imprese: se un’azienda va in crisi e rischia di uscire dal mercato, il problema ricade anche sull’occupazione, quindi sui consumi. È una catena. Il rischio di tensioni e difficoltà sociali è anche questo».
Abbiamo davanti sfide importanti, dalle quali dipende il futuro di Parma. Da quale cominciamo?
«Dal Pnrr. Dobbiamo assolutamente centrare l’obiettivo di utilizzare le risorse. A Parma e provincia con il Pnrr arriveranno più di 150 milioni. Dobbiamo fare in modo che siano spesi realmente entro il 2026: i tempi sono molto stretti, è indispensabile che tutti si impegnino, ognuno per la propria parte. Ricordiamoci bene una cosa: la crescita del Pil del nostro territorio dipende molto da queste risorse. Deve essere chiaro che la crescita si concretizzerà solo nel momento in cui i soldi verranno spesi. Non basta la progettazione, bisogna spenderli. È una cosa molto diversa».
Il sindaco ha messo le mani avanti, a proposito di tempi stretti: si augura che i Comuni virtuosi non siano penalizzati se non dovessero finire tutti i lavori entro il 2026 a causa di imprevisti.
«Vero, ci possono essere imprevisti: ma dobbiamo fare in modo che la percentuale di rischio sia minima. L’unica strada è che le pubbliche amministrazioni accelerino tutti i processi amministrativi, la progettazione delle opere e l’affidamento delle stesse».
A che punto siamo per il rilancio dell’aeroporto?
«È urgente trovare una soluzione. Una cosa deve essere chiara a tutti: senza infrastrutture il territorio non può crescere. E un territorio ricco come il nostro non può prescindere da un aeroporto all’altezza. Ecco perché tutte le forze socio-economiche devono sostenerlo e impegnarsi perché sia sostenibile. Dopo tanti sacrifici fatti negli anni per tenerlo attivo, siamo di fronte a un bivio: bisogna imboccare la strada giusta, e di corsa, non c’è più tempo da perdere. Tenendo sempre presente che l’aeroporto non è interesse di pochi, ma di tutto il territorio. Penso anche all’Efsa: è un paradosso che quella che ha sede a Parma sia l’unica agenzia europea a non avere collegamenti rapidi con il resto dell’Italia e dell’Europa».
Sul tavolo c’è anche il tema dell’Alta velocità.
«Scommessa importantissima per il territorio. Tanti anni fa abbiamo perso la stazione, ora è il momento di recuperare. Gli studi di fattibilità che abbiamo commissionato garantiscono che una stazione in linea a Parma sarebbe sostenibile e non interferirebbe con quella di Reggio. Ne discuteremo a fine gennaio con i vertici del gruppo Ferrovie dello Stato. Come minimo, Parma ha diritto a molti più treni ad alta velocità, sfruttando sin da adesso la già esistente interconnessione. Ma l’obiettivo principale deve essere una stazione in linea. Mi aspetto che i nostri rappresentanti a Roma si impegnino, perché il nostro territorio abbia l’attenzione che merita da parte del sistema politico».
Non solo treni ad alta velocità e aerei: da tempo Parma chiede migliori collegamenti stradali.
«Ne abbiamo urgente bisogno. Dimentichiamo il libro dei sogni e puntiamo a realizzare le opere indispensabili delle quali si parla da decenni: dalla Ti-Bre alla via Emilia bis, dalla Cispadana alla Pedemontana. Di nuovo: è indispensabile marciare uniti. Non è tempo di dietrologie, o di “opposizione a prescindere”. È prioritario pensare al bene della città».
Altro tema “caldo”: il nuovo stadio.
«Anche in questo caso, dobbiamo accelerare. Le discussioni sullo spostamento dello stadio sono sterili, sia perché il Parma calcio ha detto da subito che è disposto a costruire il nuovo Tardini solo dov’è sempre stato, sia perché il sindaco ha ribadito che la collocazione non è un tema in discussione. Quindi, è ora di smetterla con le polemiche. Giustissimo aver aperto un percorso di dialogo con i cittadini: la discussione sarà utile per mitigare l’impatto dello stadio: ma a questo punto il Comune deve concretizzare e arrivare rapidamente a chiudere. Alla città non serve portare avanti il dibattito all’infinito».
Ha paura che Krause possa spazientirsi?
«Sarebbe un peccato mortale fare perdere fiducia a un investitore come Krause. Ma ci rendiamo conto di quanto ha già investito nel Parma e su Parma? Non solo nella squadra maschile, penso anche agli investimenti che ha fatto e sta facendo su quella femminile, e sul centro di Collecchio, dimostrando di essere interessato non solo al business ma anche alla crescita sociale della città».
Altra sfida: il futuro delle Fiere.
«Sfida molto importante. L’obiettivo è valorizzare le Fiere di Parma e la capacità produttiva del nostro territorio nel settore agroalimentare. Stiamo per chiudere un accordo con le Fiere di Milano che sarà prezioso per fare crescere ulteriormente il nostro sistema fieristico anche in un’ottica internazionale, come Parma merita, mantenendo il ruolo delle nostre Fiere centrale e strategico».
È allo studio il nuovo Piano urbanistico generale: cosa si aspetta?
«È lo strumento di pianificazione e programmazione che il Comune dovrà scrivere e attuare e che sarà determinante per lo sviluppo del territorio. Ci aspettiamo di trovare attenzione alla parte produttiva, alla vera rigenerazione urbana, alla sostenibilità degli interventi e alla funzione sociale. Dovrà essere uno strumento flessibile e di semplice interpretazione».
Quali altre richieste fa il mondo imprenditoriale alle amministrazioni?
«La semplificazione burocratica e lo snellimento delle procedure amministrative. Le amministrazioni locali, e non solo, devono dotarsi di nuove professionalità. I cittadini e le imprese hanno il diritto di ricevere le risposte dovute dalla pubblica amministrazione in tempi rapidi: non si può dover aspettare un anno per ottenere il permesso di costruire. Il blocco del turnover e la carenza di risorse hanno sicuramente creato una voragine nella pubblica amministrazione. Le eccellenze ci sono, ma in numero troppo esiguo. E oggi più che mai c’è la necessità di avere maggiori risorse umane: persone capaci e formate».
Un’altra richiesta ricorrente è la realizzazione di invasi.
«Anche questo è fondamentale e urgente. Servono bacini per trattenere l’acqua e rendere il territorio autosufficiente in caso di siccità: penso alle industrie, all’agricoltura, all’uso civile. Abbiamo visto, l’estate scorsa, quali problemi può creare il cambiamento climatico. Bisogna muoversi in fretta, tutti gli attori insieme, per definire una strategia e realizzare progetti. Senza ripetere gli errori commessi per la diga di Vetto, con il progetto fermo da decenni. L’acqua è vita, non è tollerabile sprecarla. E non dimentichiamo che gli invasi aiutano anche a prevenire il rischio di esondazioni, insieme alle casse di espansione, e che possono essere utilizzati per impianti idroelettrici. Anche qui, però, bisogna accelerare i tempi: non si può dover aspettare dieci anni, come accade oggi, per avere il via libera per un impianto idroelettrico».
L’Unione industriali intende lanciare un grande progetto per “costruire” la città del 2030.
«Pensiamo a un percorso collegiale che coinvolga tutte le forze socio-economiche e che aiuti a definire obiettivi precisi concretamente realizzabili entro il 2030. I cinque anni della giunta di Michele Guerra sono strategici in questo senso. C’è il tema ambientale, ovvio: l’Europa chiede di lavorare per la riduzione delle emissioni in atmosfera ed è giusto e doveroso impegnarsi per questo, ma non c’è solo questo. L’obiettivo più generale è fare crescere il territorio, renderlo più ricco e più attrattivo. A cascata, i benefici saranno tanti, per i cittadini, per le imprese, per il sistema sociale».
Concretamente, qual è il progetto al quale sta lavorando?
«Penso a un momento di condivisione iniziale, con una serie di tavoli, uno per ogni tematica, con il coinvolgimento di tutti gli attori. L’Unione industriali si propone, con spirito costruttivo, come catalizzatore di questo percorso. L’importante è che siano coinvolti tutti quello che hanno qualcosa da dire. Non dimentichiamo poi l’importanza della nostra Università, il cui ruolo è molto prezioso. Il desiderio è vedere nel 2030 una Parma sostenibile nelle varie accezioni: ambientale, sociale, economica, culturale e solidale. Terminato il lavoro dei tavoli tematici, l’idea è di organizzare una grande manifestazione finale, nel corso del 2023, per fare la sintesi del lavoro preparatorio e mettere a terra progetti concreti da perseguire entro il 2030».
Claudio Rinaldi