San Polo d'Enza

L'aquila reale impallinata trova rifugio in un pollaio

Chiara Cacciani

San Polo d'Enza La storia che raccontiamo – amara – ha in realtà un inizio «dolce» e da sottolineare. Nel suo incipit parla di un uomo che per alcuni giorni, mattina dopo mattina, si ritrova una gallina in meno dal pollaio. E cosa fa? Si apposta e trova l’intruso. Di più: lo chiude dentro la recinzione per impedirgli di scappare.

Nella stragrande maggioranza dei casi, sarebbe finita molto male e molto rapidamente, e invece stavolta no. L’uomo in questione la natura la rispetta e rispetta a maggior ragione quell’esemplare superbo di aquila reale che da grande cacciatore si è ridotto – ma come leggerete tra poco, è stato ridotto – a cercare di sfamarsi in un pollaio. E quella che gli ha teso non è semplicemente una trappola per sbarazzarsene, ma un tentativo di salvarlo.

Siamo a San Polo d’Enza ed è una ventina di giorni fa che la richiesta di soccorso arriva al Rifugio Matildico: il presidente Ivano Chiapponi recupera l’animale, capisce a prima vista che è quanto meno debilitato e chiede subito l’intervento del responsabile sanitario della struttura, il veterinario parmigiano Tiziano Iemmi. È grazie agli accertamenti successivi che si può ricostruire parte – un’altra buona fetta è ora affidata ai Carabinieri forestali di Reggio Emilia – della sua storia. È un esemplare di oltre 10 anni, un maschio riproduttore, e fa parte di una delle 7-8 coppie di aquila reale che oggi popolano i cieli dell’Appennino tra Parma e Reggio. La radiografia dice ancora di più: ha tre pallini di piombo conficcati in diverse parti del corpo: uno nell’ala, uno intracranico tra i due bulbi oculari e uno sotto l’occhio destro. Probabilmente convive con i pallini, sparati inequivocabilmente dal basso verso l’alto, da qualche tempo. Si è salvato, le ferite si sono rimarginate «inglobando» il contenuto delle munizioni, ma è così che il piombo gli ha procurato anche un’intossicazione che sta dando grossi problemi al fegato. Ecco perché il maestoso cacciatore, progressivamente deperito, era diventato un ladro di polli.

«Purtroppo non sappiamo ancora se riuscirà a recuperare e se e come potremmo reintrodurlo in natura - spiega il presidente della Lipu Michele Mendi - . Tra l’altro è partita la stagione riproduttiva. Forse la sua femmina avrà già trovato un altro maschio ma non è scontato: si tratta di animali monogami». Tradotto: rischiamo di perdere un po’ di bellezza e di incanto quando guardiamo nei cieli. Sottolinea, poi, Mendi i danni molteplici del piombo: «Le intossicazioni colpiscono anche quegli animali che mangiano gli animali morti dopo essere stati feriti dai pallini dei cacciatori». Tanto che nel dibattito sulla caccia si sta facendo da più parti battaglia sul fatto che – se proprio caccia deve essere - almeno le munizioni non contengano più piombo.

Delle indagini per risalire all'autore del ferimento dell’aquila reale si stanno, come dicevamo, occupando i carabinieri forestali di Reggio Emilia. «Ci sono riscontri oggettivi che sia stato un atto di bracconaggio - conferma la tenente colonnello Laura Guerrini - . Non è un'indagine facile anche perché pare che il ferimento sia avvenuto prima del ritrovamento dell'aquila ed è per questo che vorremmo fare un appello: se qualcuno sapesse o avesse visto qualcosa ci sarebbe di grande aiuto».

Cosa rischia il bracconiere? «Non una "semplice" sanzione ma una denuncia penale: l'aquila reale è tutelata anche dal Cites come specie in via d'estinzione ed è doppiamente grave quello che è successo. Tanto più che si tratta di un maschio riproduttore». Necessario dunque a provare ad allontanare sempre più quella parola: estinzione.

Chiara Cacciani