Rally

La prima volta alla Dakar del parmigiano Alfredo Cavozza: «Che fatica, ma ora voglio riprovarci»

«Sì, la immaginavo proprio così bella. Un’esperienza da rifare». Ha già deciso, Alfredo Cavozza, già guarda al futuro e del resto, nella sua vita da imprenditore attivo nel campo della trasformazione e nel riciclo dei rifiuti, lo ha sempre fatto. 71 anni, grande appassionato di motori, fino allo scorso 15 gennaio ha partecipato per la prima volta alla Dakar, la leggendaria corsa motoristica che per il quarto anno consecutivo si è svolta tra le dune e gli altopiani dell’Arabia Saudita.

Era il pilota di un Nissan Terrano d’epoca, al suo fianco come navigatore l’amico Adriano Furlotti. Per l’equipaggio parmigiano un ottimo 47° posto finale nella categoria Classic, piazzamento di prestigio a metà graduatoria con l’exploit in alcune tappe speciali, addirittura vinte a pari merito con altri equipaggi e in media chiuse nella top 20.

«Adesso ho capito davvero cos’è la Dakar…» ci spiega Cavozza. «La gara è faticosa, ma l’aspetto mentale e psicologico fa la differenza. Pronti via abbiamo dovuto cambiare il motore, con penalità, e quello è stato il momento più difficile: c’è una foto di Adriano con la mano sulla fronte per lo sconforto. Però a stressarti davvero è tutto il resto: organizzare i bivacchi, preparare tenda e sacco a pelo per dormire, fare la coda per la doccia, i pasti, il rifornimento serale di carburante dopo mille chilometri in auto. Una compressione dei tempi e dei ritmi che è la vera sfida da affrontare».

La prima Dakar, tuttavia, non si scorda mai, specialmente se sognata fin da ragazzo. Così come non si dimenticano il gelo mattutino, pur essendo in Arabia, e la tantissima pioggia in gara, gli incontri ravvicinati alla partenza con miti viventi dei rally come Sainz e Loeb e i numeri giganteschi dei colossi automobilistici, l’Audi ad esempio aveva 99 camion per soli tre equipaggi.

Non era invece il debutto per Adriano Furlotti: «Però questa è stata la Dakar mentalmente più dura» spiega. «Gli organizzatori hanno alzato l’asticella competitiva, soprattutto per la nostra categoria. Messaggio chiaro: non è da tutti». Loro hanno comunque potuto contare sul team Tecnosport e su un inatteso seguito a distanza: ben 100 mila visualizzazioni delle loro gesta via social network, 102 mila account raggiunti, 4.425 profili di supporter che hanno interagito con loro, 716 follower e altri 101 interessati ai loro contenuti. Verrebbe da dire: è l’effetto Dakar, bellezza!

Racconta Alfredo Cavozza: «Oltre a percorrere 150 chilometri senza freni per un guasto, per un paio di giorni siamo stati senza l’idroguida e dunque con lo sterzo rigidissimo. Ero disperato e ho chiamato il manager che ha detto: “Ricordati di quando eri camionista, una vita fa!” e così ho fatto. È questo che ti fa arrivare al traguardo, l’adrenalina».

Ed è per questo che già si guarda al prossimo obiettivo. «Il nostro premio è stato arrivare in fondo, ma abbiamo già parlato di rifare la Dakar, stavolta in camion… vedremo». Se lo dice Alfredo Cavozza, c’è da crederci. Intanto a Parma nei prossimi giorni ringrazierà sponsor e sostenitori di quella che già può essere definita una grande impresa.

red. spo.