Terremoto in turchia

L'appello dell'imprenditore siriano: «Aleppo sta morendo. L'embargo ora è crudele e insensato»

Monica Tiezzi

«Aleppo sta morendo e la comunità internazionale resta a guardare. Mentre in Turchia arrivano aiuti, oltre il confine con la Siria tutto è fermo a causa dell'embargo di Usa e Ue contro il regime di Assad. E si scava a mani vuote, senza mezzi e senza soccorsi, nel tentativo di salvare vite».

È forte la commozione del «parmigiano d'adozione» (così ama definirsi) Radwan Khawatmi - nativo di Aleppo, che ha lasciato quando aveva 17 anni, e oggi a capo della Hirux International spa, leader nella produzione e distribuzione di elettrodomestici in Medio Oriente e Nordafrica, che ha sede in via La Spezia - parlando del terremoto che ha colpito la sua città natale. Mostra filmati terribili di bambini sotto le macerie, di padri che implorano aiuto davanti ai palazzi crollati come carte da gioco. «Me li ha inviati ieri il sindaco di Aleppo. Sono disperati», dice.

La tragedia di un popolo che è anche dramma personale: «Non so se la mia casa, nel centro storico di Aleppo, è ancora in piedi. Non so nulla di alcuni parenti che ancora sono lì, impossibile contattarli».

Di fronte alla scossa che ha travolto una delle città più antiche al mondo, la «perla del Medio Oriente», e di fronte alle difficoltà per superare l'embargo, far arrivare notizie dalla Siria e portare lì uomini e mezzi, Khawatmi si è mosso da pragmatico uomo d'affari qual è. Martedì è corso a Roma, ha incontrato esponenti del governo e ha chiesto che l'Italia faccia la sua parte per aiutare un Paese martoriato, oltre che dalla guerra, ora anche dalla natura.

«Ad Aleppo, che si trova a 60 chilometri dal confine turco, i morti finora sono 1.519, e a migliaia sono sotto le macerie e senza casa, a cinque gradi sotto zero - dice - Le sanzioni alla Siria e il blocco delle esportazioni verso il Paese impediscono di portare beni di prima necessità e anche le associazioni umanitarie e religiose, i volontari e i privati che vogliono dare una mano devono farlo per vie indirette e tortuose, rischiando di finire nella black list di Usa e Ue. E tutto mentre in Turchia atterrano da tutto il mondo aerei carichi di aiuti umanitari».

Agli esponenti governativi - che preferisce non citare «perché stanno facendo un delicato lavoro diplomatico» - l'imprenditore parmigiano ha chiesto un passo indietro della politica di fronte all'emergenza umanitaria. «Ho avuto la promessa che si tenterà di fare di tutto per aggirare sanzioni che in questo momento suonano crudeli e assurde e che vanno a colpire un popolo già stremato e povero».

E dire che da tempo Khawatmi, come membro del consiglio di amministrazione dell'«Aga Khan Trust For Culture», è impegnato in progetti di recupero dei monumenti di Aleppo distrutti dalla guerra. «L'antichissimo souk Al Sakatiah, 1500 metri nel cuore di Aleppo, distrutto dall'Isis perché simbolo della pacifica convivenza di commercianti musulmani, ebrei e cristiani, e ricostruito dall'Aga Khan Trust l'anno scorso con materiali antisismici, ha resistito alla scossa. Così come la moschea degli Omayyadi e il minareto di Aleppo, anch'essi ristrutturati. Il Trust è pronto a fare la sua parte anche in questa emergenza, se ci sarà permesso» aggiunge Khawatmi.

L'imprenditore infine rivolge un appello anche a Parma, «che ha vissuto due terremoti, anche se non di questa entità: c'è bisogno di medicinali, ad esempio. Sono certo che la città risponderà».

Monica Tiezzi