Teatro
Lino Musella: «Così do voce a Eduardo»
Il talento esponenziale di Lino Musella, attore di cinema e teatro, Premio Ubu 2019 e Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2022, per due attesi spettacoli: «Tavola tavola, chiodo chiodo», al Teatro di Ragazzola venerdì alle 21,15 e «Brevi interviste con uomini schifosi», al teatro Arena del Sole di Roccabianca l’11 marzo alle 21,15.
Quando Musella presta il volto ad un personaggio lascia un calco indelebile nella memoria del pubblico. Formatosi con volontà e passione tra le tavole del palcoscenico, sul grande schermo si è fatto apprezzare, tra l’altro, nei film «E’ stata la mano di Dio» di Paolo Sorrentino, «Lei mi parla ancora» di Pupi Avati, «Qui rido io» di Mario Martone, «Favolacce» dei fratelli D’Innocenzo, «L’ombra del giorno» di Giuseppe Piccioni, ma anche in «Gomorra» di Stefano Sollima, nella serie sulla fotografa Letizia Battaglia «Solo per passione» di Roberto Andò, nelle vesti di un rocambolesco «marconte» ne «Il Pataffio» di Francesco Lagi.
«Tavola tavola, chiodo chiodo», sua drammaturgia da appunti, interviste e carteggi di Eduardo De Filippo, rappresenta la grandezza dell’immenso attore e drammaturgo come capocomico capace di lotte donchisciottesche. Abbiamo bisogno di attingere alla medesima forza?
«E’ importante riscoprire l’incisività intellettuale di figure come lui, l’impegno artistico, che era anche profondamente politico, rivendicando l’importanza del teatro come strumento culturale fondamentale. Lui lottava non solo attraverso il talento, ma con continue richieste e azioni pratiche, come quella di ricostruire dopo i bombardamenti un teatro d’arte libero nella propria città. A Napoli una serie di macchine burocratiche non permettevano alla città di avere un teatro d’espressione artistica. Eduardo l’ha portato avanti con le sue sole forze. Aveva gli strumenti, la competenza e, poi, anche il successo, per arrabbiarsi a suon di pagine scritte nei confronti delle istituzioni. Era un capocomico legato al tipo di teatro che faceva, in cui era regista, autore e prim’attore. Scopriamo dunque la sua fatica imprenditoriale per il Teatro San Ferdinando».
Come si traduce oggi il suo insegnamento?
«L’energia che diffonde in ogni forma di protesta chiede a noi artisti di riscattarci, di non smettere mai un’azione di costanza e di forza nel nostro lavoro. Inoltre invita il pubblico ad essere intelligente, a prendere coscienza della propria partecipazione. Ma anche che il teatro, come meccanismo, è retto in gran parte sul denaro pubblico, cioè sui soldi dei contribuenti. Poi c’è una richiesta di fatto ai politici. Questo scollamento tra la politica e le necessità artistiche perdura. Porto in scena sue lettere, pensieri, riflessioni, istanze. Non si sa come, lo spirito di Eduardo è riuscito a entrare anche in questi materiali facendo magicamente affiorare l’ironia».
L’11 marzo sarà al Teatro di Roccabianca con lo spettacolo «Brevi interviste con uomini schifosi» di David Foster Wallace, uno zibaldone di perversioni e meschinità del maschio contemporaneo. Come affrontate il tema?
«Il drammaturgo e regista Daniel Veronese crea un dispositivo scenico che traspone il romanzo di Wallace in otto quadri, altrettanti prototipi di uomo. Il meccanismo si basa su uno scambio continuo tra gli interpreti di vittima e carnefice. Un raffinato gioco d’attori porta ad assumersi anche la parte femminile, moltiplicando i piani di ascolto».
Sul grande schermo lavora con i più grandi registi, come Sorrentino. Sul set è così travolgente d’ironia e ricchezza umana come il suo cinema?
«Ha una capacità d’ironia sua propria che attinge ad una certa cultura sagace, ironica, colta e piccante napoletana. Quindi io ci riconosco anche molti modelli partenopei. Riesce a trovare le parole giuste per esprimere grandi pensieri dentro un gusto divertente. Quest’anno ho amato moltissimo fare anche “Il Pataffio” di Francesco Lagi, con una cifra inconsueta per il cinema, e “Princess” di Roberto De Paolis, totalmente iperrealistico. Apprezzo i progetti particolari di giovani autori. Il cinema mi dà la possibilità di esplorare diversissimi territori ».
Claudia Olimpia Rossi