Servizi
Scuole in montagna, i sindaci scrivono al governo per salvarne l'autonomia
Tredici sindaci della montagna (Albareto, Bardi, Bedonia, Berceto, Borgotaro, Compiano, Corniglio, Neviano, Palanzano, Pellegrino, Tizzano, Valmozzola e Varsi) dicono no all’innalzamento dei limiti per l’autonomia scolastica da 400 a 900 studenti e lo fanno con una lettera aperta al Governo, firmata anche dal presidente della Provincia Andrea Massari e dal consigliere regionale Matteo Daffadà.
Contraria pure la Giunta regionale, che – lo ricordiamo - ricorrerà davanti alla Consulta contro le parti della legge di Bilancio sulla riorganizzazione perché ritiene concreto il rischio di penalizzare le scuole delle aree interne, periferiche e nei comuni montani.
In estrema sintesi, nella legge di stabilità 2023 emanata dal Governo Meloni, si prevede di togliere la deroga concessa agli istituti scolastici situati nei comuni montani o insulari che prevedeva l’autonomia (con dirigente, direttore dei servizi generali amministrativi e segreteria) a 400 studenti.
Nella lettera, i sindaci esprimono «profonda preoccupazione riguardo alle proposte di nuovi coefficienti per la formazione delle autonomie scolastiche contenute nella Manovra» e ritengono che la modifica vanifichi il principio costituzionale dell’equità e dell’uguaglianza «poiché sembra mirare a tagliare centinaia di istituzioni scolastiche pubbliche sotto la falsa premessa di un mero strumento di risparmio finanziario».
Secondo le amministrazioni, la strada intrapresa dall’esecutivo avrà un impatto grave sui Comuni in area montana, dove la viabilità e le condizioni del trasporto pubblico possono rendere difficile per molti alunni e studenti, sin dall’età della scuola primaria, garantirsi il diritto costituzionale allo studio in una scuola pubblica.
«La modifica sembra incentivare lo spopolamento e l’abbandono scolastico invece di promuovere la resilienza e lo sviluppo delle aree montane», si legge nella lettera, dove si ribadisce come «la creazione di istituzioni scolastiche coordinate da dirigenti scolastici che gestiscono molteplici plessi distanti tra loro sarebbe problematica in termini di gestione del personale, dei rapporti con vari sindaci contemporaneamente e della stesura di Ptof per diverse entità territoriali e sociali».
Oltre alla preoccupazione per gli assetti futuri, si lamenta un mancato ampliamento dell’offerta formativa in continuità con le politiche della Regione, che ritiene la scuola uno degli assi portanti della società.
«Investire nella scuola significa investire sul futuro delle nuove generazioni e offrire nuove opportunità a chi svolge un percorso di istruzione in età più adulta. La modifica - si legge - sembra andare nella direzione opposta, verso l’eliminazione di molte scuole pubbliche». Gli amministratori chiedono pertanto che il Governo ritorni sui propri passi per il bene e il futuro dei comuni della montagna e che prenda in considerazione gli effetti a lungo termine di queste modifiche e trovi soluzioni alternative «che rispettino il principio dell’uguaglianza di accesso all’istruzione e garantiscano l’offerta formativa, in particolare nelle zone montane».