IL QUBE DI VIA CUFRA

Incontri a luci rosse al club: condannati i due titolari. E 4 collaboratori patteggiano

Georgia Azzali

Appuntamento al club. A volte accompagnate anche da mariti e fidanzati. Nulla di nascosto, però, perché per gli incontri a luci rosse, le donne avevano il benestare dei compagni. Al Qube di via Cufra, tra le luci soffuse del locale, i rendez-vous erano anche concordati in famiglia. Al di là degli accordi e delle ragazze, molte delle quali arrivavano anche da fuori città, il club, secondo l'accusa, era però stato trasformato fino alla scorsa estate in una casa di prostituzione.

Un locale dalle parti di via Spezia dove titolari e collaboratori avrebbero contato sul giro d'affari degli appuntamenti più che sui drink serviti. Lo scorso giugno i due titolari, marito e moglie parmigiani, erano finiti agli arresti domiciliari, mentre per altri tre era scattato l'obbligo di firma. Otto, in totale, gli indagati, a vario titolo, anche per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. E nei giorni scorsi marito e moglie sono stati condannati a 2 anni e 4 mesi dal giudice Sara Micucci. La scelta del rito abbreviato ha consentito a entrambi di poter contare sullo sconto di un terzo. Altri quattro hanno invece deciso di patteggiare: pene (sospese) comprese nei due anni. Per un settimo imputato è poi scattato il rinvio a giudizio, mentre per l'ultimo coinvolto nell'inchiesta non si è potuto procedere perché irreperibile.

Più che le voci, che forse già circolavano da qualche tempo, a focalizzare l'attenzione dei carabinieri della stazione Oltretorrente sul locale era stato un incendio scoppiato davanti a uno degli ingressi: nell'agosto 2019 un furgone aveva preso fuoco e le fiamme avevano danneggiato anche la saracinesca del locale. Un rogo doloso, come era apparso fin da subito. Ma intercettazioni (soprattutto), controlli e pedinamenti avevano portato gli inquirenti ad approfondire altri scenari. Le telefonate in cui si parlava di appuntamenti e prezzi lasciavano pochi dubbi.

La tariffa? Un tutto compreso da 80 euro: l'ingresso al club e la successiva prestazione sessuale, almeno secondo quanto emerso dalle intercettazioni. In particolare, i titolari del club (che dopo alcuni mesi ai domiciliari avevano ottenuto l'obbligo di firma) erano accusati di aver gestito e organizzato la prostituzione delle donne all’interno del locale, programmandone le presenze e promuovendo degli eventi per attirare la clientela. Gli incontri con le ragazze venivano anche pubblicizzati sui social grazie a profili riferibili al club o inviando direttamente ai clienti informazioni sulle serate. Se poi qualcuno chiamava al numero del locale, erano i titolari a spiegare come entrare nel club e come poter fare sesso con le ragazze, con relativo costo. Spettava poi alla coppia, secondo l'accusa, curare la gestione della cassa anche provvedendo alla ripartizione degli utili dell’attività con gli altri collaboratori e al pagamento delle ragazze per gli incontri con i clienti. Ragazze che spesso arrivavano alla stazione di Parma e poi venivano accompagnate al locale di via Cufra, dove avevano vitto e alloggio garantiti per il tempo del lavoro al club.

Ma per mandare avanti l'attività era fondamentale anche la collaborazione di altre figure: complici nella gestione della casa di prostituzione, secondo l'accusa, che si occupavano dell’accoglienza e della gestione della clientela, oltre che sempre in prima linea nel promuovere i vari eventi organizzati dal locale. E il Qube funzionava. Con clienti di ogni età.

Georgia Azzali