Visita al reduce
Mario Montali, 103 anni e la penna nera nel cuore
Cappello ben saldo in testa e «penna nera» fissata nel cuore, Mario Montali ha accolto la delegazione della Sezione Alpini di Parma che nei giorni scorsi, capitanata dal presidente Angelo Modolo, gli ha fatto visita nella sua casa di Riano di Langhirano.
Classe 1920 e una memoria prodigiosa, Montali è l’ultimo reduce di guerra della provincia ancora in vita e i suoi ricordi sono una risorsa preziosa per tutti gli alpini.
E a sentirlo raccontare la sua vita, diventa chiaro cosa abbia forgiato la sua forte fibra: già la sua infanzia, divisa tra il lavoro agricolo e i sei chilometri che ogni mattina percorreva per andare a scuola, è stata molto diversa da quella dei bambini di oggi, e i suoi vent’anni sono stati rubati dal conflitto mondiale.
Il 2 febbraio 1940 fu precettato e arruolato nella 69esima compagnia del Battaglione Gemona e meno di un mese più tardi era già a Durazzo per combattere nella campagna di Grecia. «Al fronte incontrai un cappellano e chiesi di essere confessato - ha ricordato Montali, rivivendo quei momenti e raccontandoli con precisione - ma con mio grande stupore ricevetti come risposta un secco “no”, con la motivazione che di penitenze ne avevo fatte già abbastanza. Seppi più avanti che quel cappellano era il beato Carlo Gnocchi».
Scampato al naufragio del Galilea, non sfuggì però alla cattura da parte dei nazisti e il 13 settembre 1943 fu imbarcato a Dubrovnik e mandato prima ad Amburgo e poi a Magdeburgo per finire ai lavori forzati, prima nei campi e poi nelle miniere di sale. Montali riuscì a rientrare in patria solo nel luglio del 1945. «Sono arrivato a Parma su un camion militare americano, ci hanno fatti scendere in borgo Regale, nella sede della prefettura, e da lì partii in moto con mio fratello su una vecchia Guzzi. Giusto il tempo di abbracciarci, di riposare appena ed era già ora di tornare al lavoro con la famiglia perché, se si voleva mangiare, non si poteva stare con le mani in mano».
Chiara De Carli