NOCETO
Giovanni Magnani, il «cervello in fuga» è tornato
La cosiddetta fuga di cervelli, negli ultimi decenni, è una cruda realtà destinata a inasprirsi. Tuttavia, diversi sono i ragazzi di talento che provano a restare o che fanno rientro in Italia, e che dobbiamo tenerci stretti. Giovanni Magnani è uno di questi.
Nocetano, classe 1987, Magnani oggi lavora come ricercatore presso un’importante Cro – Organizzazione di ricerca a contratto - con sede a Milano e attiva nell’ambito della ricerca e dello sviluppo farmaceutico per conto di grandi aziende internazionali.
«Conduco studi sulle primissime fasi dello sviluppo del farmaco, la cosiddetta drug discovery, che serve a trovare delle molecole per la creazione di farmaci putativi che verranno ulteriormente sviluppati nella fasi preclinica e clinica», spiega Magnani.
Una mansione, la sua, di cruciale importanza per il benessere e la salute collettivi poiché, una volta messo a punto, il farmaco potrà essere utilizzato per trattare patologie specifiche. Se da un lato non mancano le gratificazioni, dall’altro la fatica è tanta. Fare ricerca infatti comporta grande abnegazione e sacrificio. E la giornata dello scienziato è esemplificativa.
Con turni di lavoro che generalmente vanno dalle 8 del mattino fino alle 18 di sera, talvolta l’attività si protrae fino alle 21. Inoltre, in laboratorio, segue contemporaneamente più progetti, alcuni dalla cadenza regolare - con attività sperimentali previste settimanalmente - altri, invece, sono test effettuati su richiesta dei clienti. Altrettanto difficile e tortuoso il percorso che lo ha portato dove si trova ora. Un iter in cui si è venuto a scontrare con l’annosa precarietà del sistema accademico italiano e le sue lacune contrattuali: «Dopo la laurea in biotecnologie industriali all’Università di Parma, nel 2013 mi sono trasferito a Monaco di Baviera dove ho conseguito il dottorato in biologia cellulare alla Technical University e lì, ho toccato con mano la sostanziale differenza che c’è con il nostro Paese nell’ambito della ricerca, dice Giovanni. La Germania, infatti, oltre ad investire ingenti risorse in ricerca e sviluppo, garantisce agli studenti di post-dottorato una remunerazione fissa che può crescere negli anni. Contrariamente a quanto accade in Italia.
A fine 2017 matura la decisione di fare rientro a casa, forte di un bagaglio di grandi competenze e con l’intenzione di avviare una carriera nel Belpaese.
Seguono quindi le esperienze - sempre in ambito accademico - di Milano prima e di Trento poi, ma «le incognite superavano le certezze» e dunque, nel 2021, il passaggio nel settore privato. E qui ha avuto modo di togliersi grandi soddisfazioni.
Di recente, infatti, ha condotto uno studio sull’inflammasoma, un complesso proteico che, se attivato da alcuni farmaci, è in grado di sviluppare importanti implicazioni contro le malattie ematologiche. A testimoniare la portata dei risultati della ricerca è la pubblicazione della stessa sulla prestigiosa rivista americana ‘«Science Signaling».
Edoardo Franzosi