La testimonianza

Mauro Coruzzi: «Vi racconto l'ictus e la paura»

Mauro Coruzzi

Sono quasi le otto di sera, Andrea, fisioterapista, ha appena finito il “trattamento” sulla mia caviglia sinistra per farmi riacquistare un po' di “agilità” in vista del debutto a teatro col musical Hairspray (chiedo scusa alla compagnia, ho bisogno di un po' di tempo in più…); siamo alle formalità di rito, «ci vediamo dopodomani e, mi raccomando, allenati con lo step per 10-15 minuti», «posso darmi una sciacquata alle mani?» ed io, come bloccato in un fermo immagine, paralizzato dall’incapacità e dalla sorpresa di non riuscire ad avere reazione alcuna, mi indico la bocca come a tentare di spiegare che non riesco più a parlare.

Andrea capisce immediatamente che non c’è tempo da perdere e chiama il 118 per chiedere un’ambulanza e al tempo stesso la mia assistente, Stefania, per informarla di quanto sta succedendo… Dopo 20 minuti sono già caricato a bordo, a «sirene spietate» (mia madre, Bianca, usava questa sua “variazione” del modo di dire, facendomi ogni volta ridere, ma ridere tanto…) e alla mezz’ora sono già sotto “trombolisi”, che detto così, al profano sembra una coniugazione anche “un po’ porno”, ma che in realtà è il primo reale salvavita in caso di ictus ischemico.

Ècominciata così, in una sera di quasi primavera, quest’avventura, che anche definirla tale ce ne vuole, destinata a cambiare, non so ancora come e in che modo, la mia vita…

« Addà venì ‘a nuttata », quella prima notte che sembra sospesa come tra questa e l’altra (vita…), in un mattino che sembra non arrivare mai e che non riesci a quantificare come “tempo supplementare” o “finita la notte, scampato pericolo”.

Dormire sarà un lusso o uno stato che mi resterà estraneo per molti giorni, non voglio perdermi nemmeno un istante del vivere, controllo con la coda dell’occhio i valori, la pressione, il saturimetro, se la flebo sta finendo o no, uso come non mi capitava da un ricovero ultraventennale, il pappagallo (non il pennuto volatile di mari d’oltreoceano…), e passo i miei primi giorni tra una pappetta e la successiva aspettando un cibo mediamente solido, che arriverà solo quando verrà escluso ogni rischio che l’epiglottide non faccia bene il suo lavoro e non mi faccia andare “di traverso” ciò che ingerisco…

Passano i giorni e sento che “qualcosa” si muove e qualcosa no (la mia volontà di farcela?), perché, sia chiaro, «dal diamante non nasce niente, dal letame nascono i fior», citando De Andrè, e solo quando ti senti in mezzo ad un mare di… guai, è la tua spinta che diventa una marcia in più a farti risalire in superficie, la sola che farà la differenza: non ho nessuna componente di altruismo da condividere (sono un carattere ruvido, più con me stesso che col resto del mondo) e non ho nulla da insegnare se non mettere a disposizione la mia esperienza: il nostro corpo è una macchina MERAVIGLIOSA e per quanto noi non la si tratti sempre nel migliore dei modi, va lasciata libera di ri-germogliare come solo lei sa fare.

Se ho iniziato un percorso di riabilitazione, lo devo “anche” alla mia implacabile voglia di farcela, anche se la voce sembra strozzata da un killer seriale, sento, come se fosse il trillo meglio intonato mai udito prima, che ogni giorno guadagno una sillaba in più, maggiormente comprensibile di quella che m’è venuta ieri; anche se la gamba sinistra “si muove” come trascinata da pesi che immagino simili a quelli di un malfattore ai lavori forzati, a darmi la conferma che il miglioramento c’è è proprio il comune sentire che si stiano facendo dei «passi avanti», detto con tutta l’ironia possibile, quella che non dovrà mai mancare nel dopo, quella che si rivelerà indispensabile come il farmaco mirato, come il fare i conti con una realtà mutata.

Quante sono le possibilità che una “scivolata” nella vita ci faccia capitolare, ci insinui la paura che siamo arrivati al fondo del barile, che tanto vale lasciarsi andare. Semmai doveste provare questa amarissima sensazione, non esitate a incavolarvi, a lasciare le buone maniere alla porta ma… non permettete che vi sia strappata via la speranza, per voi, per chi vi sta vicino, per un dopo che può solo migliorare.

W la vita, guardiamola in faccia, anche se non è sempre bellissima… VIVA!!!

Mauro Coruzzi