Al via il Festival

Cannes ci invita a corte: il cinema è di nuovo re

Filiberto Molossi

In attesa che sul red carpet splenda il sol dell'avvenire, quello del presente, di meteorologica e metaforica incertezza, tende al pallido: ma, per fortuna, non c'è nuvola - e nemmeno dubbio - che, possa fare ombra al Festival di Cannes, l'unico appuntamento al mondo (insieme a Venezia, of course) capace di misurare la temperatura, la febbre - e la voglia - del cinema.

Quindi godiamoci lo spettacolo: nella certezza che quando in sala si spengono le luci, le stelle tornano a brillare. Ad esempio quella del redivivo Johnny Depp, che stasera apre le danze invitandoci a corte: nei panni - al primo ruolo che conta dopo il sanguinoso processo per diffamazione contro l'ex moglie Amber Heard - di re Luigi XV in «Jeanne du Barry», il film della francese Maiwenn (anche nel ruolo della protagonista, la cortigiana che fece girare la testa al sovrano) che inaugura la scintillante 76ª edizione del Festival.

Che, non sempre generoso con i vicini di casa italiani, quest'anno, al contrario, ospita addirittura tre nostri film (non accadeva dal 2015) in concorso: quello di Nanni Moretti, un successo anche nelle sale, «Rapito», che il veterano (e venerato) Marco Bellocchio ha girato a lungo anche nel Parmense, trasformando Roccabianca nella Bologna dell'800 dove un bimbo ebreo viene strappato dalla sua famiglia per essere allevato nella fede cattolica, e «La chimera» - storia di un archeologo coinvolto nel traffico clandestino dei reperti -, di Alice Rohrwacher, molto considerata sulla Croisette (dei nostri tre moschettieri è quella che sulla carta potrebbe avere più chance di premio) e già coccolata da Hollywood.

Per il resto Cannes è andata (troppo?) sul sicuro, chiamando in gara vecchi amici e maestri che non sbagliano (quasi) mai un colpo: Wes Anderson, Loach, Kaurismaki, Ceylan, Wenders (ancora tu?), Haynes, Kore-eda... A questo si aggiunga una quota rosa orgogliosamente molto alta (7 le registe in concorso, il 33% del totale) e alcuni scomodi «ribelli» con licenza di stupire: come Jonathan Glazerche in «Zone of interest» ambienta (rileggendo Martin Amis) una storia d'amore ad Auschwitz, o Jessica Hausner che in «Club zero» racconta di una prof di un liceo d'elite che introduce un corso di alimentazione secondo il quale bisogna ridurre al minimo l'assunzione di cibo...

Al contrario la Croisette punta alla grande abbuffata, tra proiezioni anche dopo mezzanotte e levatacce per aggiudicarsi un posto in sala (e al sole). I più attesi, però, sbarcano fuori concorso: l'ultimo Indiana Jones - già sold out prima ancora che si aprissero le prenotazioni dei biglietti... - e «Killers of the flower moon», il nuovo film di Martin Scorsese, con DiCaprio e De Niro (e il neo premio Oscar Brendan Fraser): aspettative, ovviamente, extra large per questa storia vera di un secolo fa, dove i nativi americani vengono uccisi sull'altare dell'oro nero.

E se in Costa Azzurra arriva anche la prima mondiale del nuovo film della Pixar, «Elemental» (in zona «Inside Out»), la sensazione è quella che la sorpresa, come spesso accade, uscirà dalle sezioni collaterali: dove stavolta non ci sono italiani. Ma dove, d'altra parte, i sogni bussano più forte.