Musica
Dente: «Il mio disco intimo e caloroso»
Lo scorso mese di aprile è uscito su tutte le piattaforme online «Hotel Souvenir» (Inri/Virgin Music Las), il nuovo disco di Dente. L’artista nato a Fidenza (ma residente a Milano ormai da 18 anni), il cui nome all’anagrafe è Giuseppe Peveri, è tornato ad affrontare i propri ricordi e le proprie esperienze come aveva già fatto nel 2014 con «Almanacco del giorno prima», ma questa volta senza nostalgia. «L’Hotel Souvenir - ha detto - è un luogo della mente dove mettere i ricordi. Li sto mettendo in un hotel e non in una soffitta perché voglio porre attenzione su questi ricordi. In questo disco e in questa parte della mia vita tutto riflette quello che sono e quello che penso. Non vivo più i ricordi in modo nostalgico ma accettando il tempo che passa, guardandomi indietro e parlando con me stesso su quello che sono stato e che non sono più. Noi siamo sempre il risultato di tutte le persone che siamo stati in precedenza».
Anche restando perfettamente fedele al tuo stile, la musica ha una varietà di ritmi e colori che prima non c’era. A cosa è dovuta questa ricchezza?
«Ho fatto i provini delle canzoni in casa, poi ho lavorato col mio produttore, Federico Nardelli. Insieme abbiamo dato i colori a questo disco. Volevo fare una cosa molto semplice ma varia, registrata con pochi strumenti, cercando di non farci prendere troppo la mano come succede spesso quando si fanno i dischi e specialmente oggi che abbiamo la tecnologia ci permette di fare tutto in un attimo. Al contrario, volevo un approccio più “alla vecchia maniera”. Mi piaceva l’idea di fare un disco un po’ polveroso, come facevo qualche tempo fa e non facevo più da un pezzo. Il precedente era un disco più quadrato e algido nei suoni, qui invece volevo un disco più caloroso. È venuto un disco anche intimo ed elegante».
Domenica scorsa al premio Buscaglione di Torino hai ritirato la Targa Gran Torino per «L’importante carriera che ha influenzato molti artisti del panorama indie italiano». Che effetto fa ricevere un premio per la carriera?
«Mi fa sentire molto vecchio. Al di là degli scherzi sono molto felice. Evidentemente ho fatto tante cose negli ultimi anni che mi hanno portato a vincere questo premio».
Prima di quel premio hai suonato a Bologna in una delle prime date del tour. Com’è andata?
«È andata molto bene. Bologna è sempre una città in cui è un piacere andare a suonare, abito a Milano da 18 anni ma continuo a sentirmi molto attaccato all’Emilia».
Ricordi quando giravi i locali della zona, e non solo, coi La Spina, prima di intraprendere la tua fortunata avventura da solista?
«Ho dei bellissimi ricordi di tutto quel periodo e i tanti concerti all’Arci Taun di Fidenza, che purtroppo non c’è più. È incredibile pensare che non esista più un posto del genere, non avere un luogo come quello dove andare a sentire musica è proprio un peccato. La mia generazione e quella successiva è cresciuta con la possibilità di vedere ogni fine settimana concerti di gente che veniva da tutta Italia e non solo. Ho ricordi bellissimi anche di quando si andava in giro a suonare perché era una cosa fatta con gli amici. E spesso solo per gli amici... Era un periodo in cui prendevo le misure con questo mondo».