Intervista
Letizia Brugnoli: «Jazz e ironia per cantare i fatti della vita»
Uscirà domani su tutte le piattaforme on line «Il gioco del semaforo», singolo di Letizia Brugnoli che anticipa la pubblicazione dell’album con 12 canzoni «Crystal flower» in uscita a settembre per Irma Records. Come tutto il disco, «Il gioco del semaforo» è un lavoro a quattro mani nato dall’unione delle musiche e degli arrangiamenti di Roberto Sansuini con le parole della stessa cantante borgotarese. Quello del semaforo è un gioco che nasconde un fondo di verità, come dice Letizia: «È un testo chiaramente ironico che ho scritto ripensando a quanto era successo durante la pandemia, quando eravamo divisi in zone gialle e zone rosse… Come tutte le cose ironiche ha un suo senso più profondo: penso che tutta la vita sia un po’ un gioco del semaforo, ci sono momenti in cui dobbiamo fermarci, per scelta o per necessità, ma poi c’è la ripartenza e si può ripartire lasciando indietro chi non ha potuto o voluto seguirci, oppure perché ci siamo accorti che è arrivato il momento di fare da soli. La luce verde è la luce che tutti noi dobbiamo trovare nella vita per poter proseguire da soli seguendo ciò in cui crediamo. Questo modo ironico di affrontare situazioni serie riflette molto quello che sono io; mi piace sempre scherzare ma in fondo sono una persona seria».
Come tutte le tue canzoni, anche questa ha una base jazz ma contaminata da atmosfere e sonorità latine; anche l’album seguirà questa strada musicale?
«Sarà un disco jazz, ma le canzoni sono tutte volutamente eterogenee. Vanno dallo swing all’ispirazione brasiliana sino ad arrivare all’electric jazz degli anni ‘70. Le canzoni sono nostre ma abbiamo lasciato sempre molto spazio a tutti i musicisti; tante cose sono nate proprio durante le registrazioni e anche questo ha contribuito alla varietà degli stili».
Nell’album c’è anche una canzone dedicata a tuo papà Franco, che era anche musicista oltre che storico collaboratore della «Gazzetta di Parma»
«L’album è dedicato a tante persone importanti della mia vita ma soprattutto a mio papà, in particolare la canzone “Agua de maio”, perché lui è morto a maggio. È un brano in inglese che nel titolo ricorda la celebre “Aguas de março” di Tom Jobim e dove nel finale cito “Eu sei que vou te amar”, un’altra canzone di Jobim che cantavamo spesso insieme».
Qual è la soddisfazione più grande che ti ha dato realizzare questo disco?
«Per me è un album molto importante perché ci ho lavorato per oltre due anni. È stato un lavoro impegnativo ma credo sia venuto bene. La soddisfazione più grande è vedere realizzata e concretizzata un’idea, è vedere un abbozzo di partitura e di melodia trasformarsi in realtà, è lavorare con tutti questi musicisti bravissimi, è scrivere un testo indifferentemente in italiano o in inglese e raccontare di me con sincerità».
Al disco, registrato al Sonic Temple Studio di Parma, hanno lavorato alcuni fra i migliori jazzisti locali: Luca Savazzi (Fender rhodes), Claudio Tuma (chitarra), Mirco Reggiani (basso elettrico), Giacomo Marzi (contrabbasso), Emiliano Vernizzi (sax), Chicco Montisano (sax), Paolo Mozzoni (batteria) e Marquinho Baboo Bacchereti (percussioni).
Pierangelo Pettenati