L'emorragia di camici bianchi

Medici di base: 60 in età da pensione da qui al 2026

Monica Tiezzi

Zone senza più medico, ambulatori che chiudono, professionisti oberati di pazienti. A Parma e provincia, sui 265 medici di base attualmente in servizio (dei quali 11 ricoprono l'incarico in via provvisoria), ne andranno in pensione 10 entro la fine dell'anno. Fra il 2024 e il 2026 altri 50 medici di base compiranno 70 anni (la finestra utile per la pensione è fra i 68 e i 70 anni), spiegano dall'Ausl di Parma.

Simili i numeri dei medici di medicina generale iscritti all'Ordine dei medici di Parma: 247, di cui 33 compiranno fra i 68 e i 70 anni entro il 2023.

Non va meglio in tutta la Regione. Da qui al 2025, l'Emilia Romagna - che contava 2.850 medici di famiglia nel 2021 - ne perderà 194: perché i 969 che secondo le stime potrebbero andare in pensione saranno rimpiazzati solo da 775 giovani, con un turnover, quindi, di poco più del 70%.

È la recente proiezione dell'Agenas, l'Agenzia nazionale per i sistemi sanitari regionali, che fotografa la costante emorragia di camici bianchi dalla medicina di base, passati su base nazionale dai 42.428 del 2019 ai 40.250 del 2021 ai 36.650 del 2025. Una situazione che - con pochissime eccezioni - accomuna tutta Italia: nel 2025 lasceranno il lavoro in tutta Italia 13.780 medici di medicina generale, rimpiazzati da 10.148 nuovi arrivi, con una perdita secca di 3.632 medici.

La conseguenza, si legge nel report di Cittadinanzattiva basato su dati Agenas e della Ragioneria dello Stato presentato nei giorni scorsi al Ministero della Salute, «è l’aumento del rapporto tra queste fondamentali figure professionali ed il numero degli assistiti»: ogni medico di famiglia assisteva in media 1.224 cittadini nel 2019, ma sono diventati 1.237 nel 2021. Si allungano quindi anche le attese per le visite.

A Parma nell'ottobre dello scorso anno l'Ausl ha individuato le «zone carenti», rimaste senza medici di medicina generale: 25, di cui 21 sono state coperte a marzo di quest'anno con l'assegnazione ad altrettanti professionisti nella graduatoria regionale. Ma quattro ambiti (che comprendono i comuni di Corniglio, Monchio, Neviano Arduini, Palanzano e Tizzano) sono rimasti scoperti e si è dovuti ricorrere «ad un accordo fra medici della zona, raccolti in medicina di gruppo, che hanno dato disponibilità ad allargare i propri ambiti di assistenza, o facendo la spola fra il loro ambulatorio e quelli ambulatori rimasti vuoti, o chiedendo ai pazienti di raggiungerli nei propri. Il calo dei medici di famiglia è stato quindi compensato dall'incremento degli iscritti per ciascun medico, sempre più vicino al massimale. Ad oggi non ci sono cittadini non assistiti», dice Choroma Faissal, direttore del dipartimento aziendale cure primarie dell'Ausl.

Le soluzioni finora adottate (anche se hanno migliorato la situazione che, fa notare Faissal, era più critica la scorsa estate) suonano come palliativi.

La delibera regionale 1240 del 25 luglio 2022 «per la definizione di misure eccezionali e temporanee per la garanzia dell'erogazione dell'assistenza primaria» (la cui validità è stata prorogata fino al 2024), ha stabilito che medici borsisti di medicina generale (la scuola è regionale e dura tre anni) possono, fin dal primo anno di corso, occupare zone carenti e assistere fino a 1500 pazienti. Lo stesso accordo, firmato con i sindacati, prevede di aumentare per i medici «senior» i massimali dei pazienti fino a 1.800 (più un 5% di pazienti «provvisori», ai quali l'assistenza è garantita in vista di un imminente cambio di residenza).

È stata poi inserita, nel decreto milleproroghe approvato lo scorso febbraio, la possibilità che medici di medicina generale e pediatri di libera scelta possano rimanere in servizio, fino al 31 dicembre 2026, fino al compimento dei 72 anni di età, invece di 70. A Parma nel 2023 potrebbero avvalersi di questa opportunità sette medici. Ma d'altro canto c'è chi decide di appendere il camice anche prima dello scoccare dell'età pensionabile.

Un'altra strada che si sta percorrendo, spiega Faissal, è incentivare la medicina di gruppo (quando i medici lavorano negli stessi locali) o di rete (quando il collegamento è informatico) e portare sempre più questi team medici nelle Case di comunità, in vista di una sempre maggiore diffusione di queste strutture. «Questo garantisce fra l'altro un'assistenza sulle 12 ore. Al momento abbiamo più l'86% di medici che lavorano in gruppo o in rete. È un buon risultato», dice Faissal.

Ma la chiave di volta, sostiene il presidente dell'Ordine dei medici, Pierantonio Muzzetto (vedi intervento sotto) è «la riorganizzazione dei corsi di specializzazione e formazione per la medicina generale», in grado di garantire forze nuove ad una professione che pare al momento poco appetibile.

Monica Tiezzi