Risarcimento

Caso Bonsu, il conto per il Comune sale a 175mila euro

Un conto infinito, quello pagato dal Comune alla memoria e alla vergogna del caso Bonsu. Non basteranno i 135mila euro accantonati per risarcire il (allora) ventiduenne studente di origini ghanesi scambiato per un pusher nel parco Falcone e Borsellino e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale dopo essere invece stato lui a subire insulti e maltrattamenti dagli agenti della Municipale. In commissione bilancio si è scoperto ieri che l'amministrazione dovrà reperire e spendere 40mila euro in più, per chiudere l'ultimo capitolo di questa vicenda, nel quale i giudici da tempo avevano ravvisato la responsabilità civile del Comune esclusa in primo grado.

Quasi quindici anni dopo, si torna così a parlare di Emmanuel Bonsu, anche se in realtà in aula consiliare la vittima di quel maldestro blitz ha fatto il proprio ingresso come un'ombra accompagnata da un punto interrogativo, in un'apparente normale delibera. L'ulteriore debito a bilancio, l'assessore Francesco De Vanna lo ha infatti annunciato motivandolo come l'aggiunta a un risarcimento già stabilito. E' solo dopo la domanda specifica del consigliere di Fratelli d'Italia Beppe Tramuta che il nome di Bonsu è tornato a riecheggiare in aula. Due sole sillabe, ma che pesano ancora come un macigno, per le conseguenze avute da quell'infausta operazione antidroga. Dei 175mila euro finali, la maggior parte servirà a risarcire il danno all'ex studente, ma saranno anche la madre e i fratelli a beneficiarne. Della questione si tornerà a parlare nel consiglio comunale di lunedì, con l'approvazione definitiva della delibera.

Era la sera del 29 settembre del 2008, quando Bonsu venne bloccato dalle pattuglie della Polizia municipale nel parco Falcone e Borsellino. Preso per il palo di un pusher (ma non gli fu trovato addosso nemmeno un grammo di droga), il giovane venne portato in una cella di sicurezza del Comando in via del Taglio. Da qui uscì solo ore dopo, con un occhio livido e la frattura della parete orbitale, per di più accusato da una serie di falsi verbali.

Dieci i vigili che sarebbero presto finiti sotto inchiesta per vari reati, tra i quali lesioni aggravate, sequestro di persona, falso ideologico e violenza privata. Per uno di loro, già assolto da tutti i reati, in merito alla violenza privata scattò la prescrizione. Gli altri furono invece condannati in via definitiva: alcuni con pene sotto i tre anni, altri sotto i due. Pasquale Fratantuono, il vigile «della foto», comparso nello scatto-trofeo simbolo dello scandalo fu condannato a quattro anni e mezzo. Secondo i giudici, fu lui a scrivere «Emanuel negro» sulla busta consegnata ai familiari che si erano presentati in via del Taglio per riportare a casa il ragazzo.

r.c.