INSOLVENZA FRAUDOLENTA
Una «promessa» in cambio di due vasi preziosi: paga con un assegno scoperto, condannato
Elegante d'abito e di modi, il compratore alla fine riuscì a convincere il gallerista che esponeva a Mercanteinfiera. Due vasi Venini per diecimila euro: al venditore sembrava un buon affare, quando in realtà non era che un'illusione. L'acquirente, un quarantenne di Saint Vincent gli aveva allungato un assegno con la cifra esatta, aggiungendo però la richiesta: di incassare solo dopo una certa data.
Di certo l'appassionato d'arte doveva essere armato di una discreta favella, se riuscì a rendersi credibile dando il proprio cellulare e la fotocopia della carta d'identità. Sia l'uno che l'altra erano autentici, mentre ciò che contava - cioè l'assegno - era carta straccia.
Giunto il giorno, il gallerista entrò in banca per incassare, per sentirsi dire che soldi su quel conto non ce n'erano. Sconcertato, ma ancora un po' speranzoso, telefonò all'altro, per sentirsi rispondere che sarebbe stata una questione di tempo: si trattava solo di avere pazienza.
E il gallerista la spese tutta, la propria pazienza, da un tentativo di riscossione all'altro, da una telefonata all'altra, fino a quando non gliene rimase più nemmeno un centesimo. Era il 2018, quando sporse una denuncia nei confronti del quarantenne per insolvenza fraudolenta. Ieri, il mancato pagatore è stato condannato a quattro mesi di reclusione dal giudice Livio Cancelliere che ha accolto le richieste del pm Elena Riccardi. In una delle prime udienze, il cliente aveva proposto un risarcimento, respinto però dal gallerista. O la cifra era troppo bassa o si trattava ancora una «promessa» su un assegno.
rob.lon.