OMICIDIO STRADALE
Morì a 20 anni cadendo con l'auto nel Taro: due dipendenti della Provincia rinviati a giudizio
Ferri spezzati. Come un groviglio di fili inconsistenti. Il parapetto del ponte di Piane di Carniglia aveva ceduto nonostante la Punto non superasse i 25 km all'ora. Simone Filiberti sapeva che in quella gelida mattina d'inverno la strada avrebbe potuto tradirlo. E non correva. Ma su quell'asfalto ghiacciato l'auto è diventata incontrollabile. Fino a schiantarsi contro la ringhiera del ponte. E poi la caduta nel Taro.
Era morto a 20 anni, Simone, mentre il 4 dicembre 2019 se ne stava andando all'Università di Parma. Una tragedia di cui dovranno rispondere due dipendenti della Provincia: il funzionario responsabile della manutenzione di quella zona di montagna e un assistente stradale (che nel frattempo è andato in pensione), rinviati a giudizio per cooperazione in omicidio stradale. Il gup Sara Micucci ha invece dichiarato il non luogo a procedere per un altro assistente stradale, di cui anche il pm Emanuela Podda aveva chiesto il proscioglimento, e di un cantoniere, entrambi finiti sotto inchiesta con la stessa accusa. Il processo prenderà il via a settembre.
Più di due anni di indagine, portata avanti dai carabinieri. E al centro la consulenza cinematica firmata dall'ingegnere Felice Giuliani. Una ricostruzione che ha portato la procura a puntare il dito contro una serie di carenze che sarebbero allarmanti. Simone, che stava viaggiando in direzione di Bedonia, aveva perso il controllo della sua Punto finendo prima contro la ringhiera di destra del ponte poi contro quella di sinistra. Che si era spezzata facendo precipitare il ragazzo nelle acque gelide del Taro in cui era morto annegato. Ma perché l'auto di Simone sarebbe diventata una scheggia impazzita? Per il ghiaccio sull'asfalto, che però si sarebbe sedimentato per la mancanza della cunetta per la raccolta e lo scolo delle acque. Non solo. Il parapetto, risalente alla prima guerra mondiale, che si era aperto nonostante la Punto andasse a una velocità modesta, sarebbe stato arrugginito in più punti e mai sostituito nel corso degli anni.
Insomma, chi avrebbe dovuto fare e controllare, non l'avrebbe fatto. In particolare, secondo la procura, l'assistente stradale non si sarebbe attivato per ripristinare la cunetta o comunque per segnalare il pericolo agli automobilisti, così come non avrebbe comunicato all'amministrazione provinciale la pericolosità delle ringhiere. Il funzionario, invece, non avrebbe vigilato sull'operato di tecnici e operai e allo stesso tempo non avrebbe fatto eseguire le opere necessarie per la messa in sicurezza della strada, anche quando, nel 2016, furono eseguiti lavori di manutenzione.
«Sarà il processo a far emergere cosa è realmente accaduto», si limita a dire Carmelo Panico, difensore degli imputati.
Ciò che chiedono da tre anni e mezzo anche i genitori di Simone. Il perché della morte di un figlio che stava andando a lezione. E non correva.
Georgia Azzali