Intervista

Dino Trappetti: «La Sartoria Tirelli dai costumi del Gattopardo di Visconti al Gattopardo per Netflix»

Mara Pedrabissi

Se in una stessa storia si intrecciano, in ordine sparso, Luchino Visconti, Piero Tosi, Bernardo Bertolucci, Franco Zeffirelli, Romolo Valli, Andrea Camilleri, Sophia Loren, Lucia Bosè fino a Matilda De Angelis, Alessandro Borghi, Luca Marinelli... beh o stiamo al cinema o stiamo dietro le quinte, con chi il cinema lo fa. Buona la seconda: ben arrivati nel mondo della sartoria Tirelli- Trappetti che da quasi sessant'anni (li saranno il prossimo anno) veste di vaporose organze e fruscii di sete quei personaggi che, popolando set e teatri, piangono, ridono e amano per tutti noi. Dal «Gattopardo» di Visconti all'«Età dell'innocenza» di Scorsese al «Pinocchio» di Garrone.

Per capirci: ogni anno dai laboratori di via Pompeo Magno, nel signorile quartiere Prati di Roma, escono a noleggio 25mila abiti di scena per produzioni in tutto il mondo; sono 17 i film che hanno vinto l'Oscar per i costumi realizzati dalla Tirelli-Trappetti. Adesso, in piazza Verdi a Busseto, sulla «Strada del Melodramma» voluta dal Museo Renata Tebaldi, brilla la pietra dedicata alla sartoria delle star. L'ha posata Dino Trappetti (80 anni e “rotti”, ma non ha piacere scendere nel dettaglio) che dal 1990, anno in cui morì l'amico Tirelli (classe 1928, reggiano di Gualtieri, studi compiuti a Parma), ne accolse l'eredità, convinto da Franco Zeffirelli.

Destini che si intrecciano, sul finire degli anni Cinquanta. Tirelli ha già lasciato Gualtieri, avendo presto compreso che l'attività di famiglia, il commercio di vino e cereali, non fa per lui. Arriva alla Scala di Milano: è un ragazzo tutto spirito, «Umbertino, non ti agitare», lo apostrofa Luchino Visconti che lo nota subito e, insieme al costumista di fiducia Piero Tosi (Oscar alla carriera nel 2014, cosa più unica che rara) ne inquadra il talento e lo manda a lavorare a Roma per la Safas Sartoria. Trappetti intanto, romano di famiglia umbra, studia all'Università ingegneria elettronica, più per accontentare papà che per vera vocazione. Frequenta una filodrammatica «per per soddisfare il bisogno di conoscere il teatro; tutti i pomeriggi andavo al cinema» racconta. Attenzione, qui c'è un colpo di teatro, galeotto. Chi era il regista della filodrammatica? «Un giovane Andrea Camilleri - rivela Trappetti - Molto pignolo, mi fece leggere un brano, fu impressionato dalla voce e dal fatto che non avessi accento. Mi fece interpretare Simonetto nella Fiaccola sotto il moggio di D'annunzio». Qualche tempo dopo, sempre con Camilleri, la compagnia mette in scena una «Locandiera» con l'ambizione di costumi “seri”: Trappetti, che deve interpretare il Conte d'Albafiorita, va con il gruppo alla Safas: ecco l'incontro con Tirelli. «Eravamo nel 1960, non si poteva prescindere dalla Locandiera di Visconti, con i costumi di Tosi: il primo a mettere in scena il '700 senza pizzi e merletti. Secco. Una rivoluzione, segnò la storia: anche Strehler ne avrebbe tenuto conto. Visconti aveva detto a Tosi: vai da Giorgio Morandi, devo fare una Locandiera “alla Morandi”. Piero, che era intelligente, capì che doveva “pulire”».

Tornando a bomba, la «Locandiera» diretta da Camilleri si fece: la sera della “prima”, a cena, Romolo Valli butta lì a Trappetti: «Tutto bene, ma sei sicuro di voler far l'attore?». «Tanto bastò a farmi cercare la mia strada altrove», ride oggi l'ex attore che, chiusa la porta della filodrammatica, lascia anche il posto da ingegnere in Simens e, poco alla volta, diventa l'uomo di punta della comunicazione del Festival di Spoleto di Gian Carlo Menotti, ruolo che avrebbe ricoperto per 18 anni.

Nel 1964 Tirelli vuol mettersi in proprio ma non ha abbastanza denaro. Dino è tra gli amici che credono in Umberto, gli presta due milioni e mezzo di lire. Non li rivorrà mai indietro, restando sempre socio per una piccola quota. «Quando purtroppo Umberto si ammala e muore, arriva la sorpresa. E' una eredità importante, c'è l'azienda da mandare avanti ma anche la conservazione del materiale storico di Umberto, straordinario collezionista. Mi convinse Franco Zeffirelli: arrivò da Los Angeles, in tempo per mettere una mano sulla bara di Umberto. Poi facemmo una lunga chiacchierata...».

Così è continuata la storia. E continua. Ora, tra i vari progetti, la sartoria sta lavorando ai costumi del «Gattopardo» targato Netflix con Deva Cassel nel ruolo che fu della Cardinale; ai costumi per «M. Il figlio del secolo», serie Sky in arrivo nel 2024, in cui Luca Marinelli veste i panni del Duce. «Luca Marinelli e Alessandro Borghi sono i migliori attori della scena contemporanea; tra le donne Matilda De Angelis, cui stiamo preparando i costumi per la seconda serie di “Lidia Poet”», afferma sicuro Dino, cui non mancano i termini di paragone da Lucia Bosé «che è stata la mia miglior amica, entrambi Acquario, lei nata il 28 gennaio, io il 29» a Bob De Niro, cui faceva da “controfigura” per la prova costumi su set di «Novecento» di Bertolucci. A Sophia Loren: «L'abbiamo vestita anche una decina di anni fa per “La voce umana” diretta dal figlio Edoardo. Abiti anni '50 che cadevano sul suo corpo perfetto. Provò per ore, senza stancarsi: chiedeva un “ccafé”, alla napoletana, e andava avanti».

Resta un sogno: in occasione dei 60 anni della sartoria, sarebbe bello e giusto trovare una sede espositiva per il patrimonio raccolto a Formello, in 8mila metri quadrati: 15mila capi della collezione Tirelli e oltre 30mila costumi realizzati su disegni di Piero Tosi, Pier Luigi Pizzi, Gabriella Pescucci, Milena Canonero, Alessandro Lai, Massimo Cantini Parrini… «Qualcosa si sta muovendo», dice Trappetti che giusto qualche settimane fa ha ricevuto una onorificenza alla carriera alla Camera dei Deputati. Che la storia continui.

Mara Pedrabissi