LA STORIA DELLA COOPERATIVA

A giugno Avitas aveva chiesto la liquidazione giudiziale

Chiara Cacciani

L'hanno ribattezzato «Il Quartiere dell’Opera»: quattro condomini dai nomi verdiani in affitto tra via Tanara e via Umbria in cui la cooperativa Cooperativa sociale «Il Quartiere di Avitas» gestisce case famiglia e appartamenti protetti a utenza adulta mista: da anziani semi-autonomi a persone che – come si legge sul sito - «a causa di disabilità fisiche, intellettive, relazionali o plurime presentano difficoltà abbastanza rilevanti, in particolare rispetto alle abilità di base della vita quotidiana».

Nata ufficialmente l’8 giugno 2015 per portare avanti l’esperienza dell’Associazione Volontari Avitas - alla base l’idea che una dimensione «casalinga» affiancata da un’assistenza calibrata sulle esigenze e da opportunità di socializzazione favorisca la qualità della vita quotidiana di chi non può più abitare da solo - la cooperativa non naviga in buone acque. Tutt’altro. A causa di una situazione debitoria non più sostenibile, già a luglio 2022 – in base alla nuova legge fallimentare – Avitas aveva chiesto la composizione negoziata della crisi d’impresa e la Camera di Commercio di Bologna aveva indicato nel commercialista Gino Capelli l’incaricato a trovare una mediazione. Un tentativo non andato a buon fine, ed è così che a febbraio 2023 la cooperativa ha fatto richiesta di concordato preventivo, per il quale il Tribunale – dando il proprio consenso - ha deciso di mantenere lo stesso Capelli come commissario. La struttura operativa in quel momento era costituita da 18 dipendenti, 8 dei quali soci, e da 1 educatore collaboratore e gli immobili in utilizzo ospitavano 41 utenti (25 privati, 16 inviati da enti).

Sul sito dell’Associazione Nazionale Istituti vendite Giudiziarie era comparso un invito alla manifestazione d’interesse per l’acquisto del ramo d’azienda ma alla scadenza dei termini – il 15 aprile scorso – non era arrivata nessuna offerta. L’ultima carta disponibile a quel punto era la richiesta di liquidazione giudiziale, a cui la cooperativa ha aggiunto quella di poter continuare nell'esercizio provvisorio dell'attività. Presentata a giugno con udienza fissata lo scorso 2 agosto, il giudice fallimentare ha chiesto di ricevere in brevissimo tempo ulteriore documentazione sulla situazione patrimoniale per poter procedere alla decisione finale.

Nel frattempo, sul fronte dei dipendenti e – di conseguenza – della continuità assistenziale agli ospiti, erano intervenuti più volte Fp e Spi Cgil, prima per licenziamenti avvenuti all’inizio del 2022, poi a luglio scorso per i mancati pagamenti degli stipendi di giugno (poi saldati) e dei fornitori. Categorie sindacali che ora, «porgendo ai familiari della vittima le più sentite condoglianze ed esprimendo vicinanza alle persone coinvolte, sentono il dovere di richiamare l’attenzione sul tema della sicurezza all’interno delle strutture di assistenza, a garanzia di ospiti ed operatori. Dopo i fatti analoghi di Milano ora anche a Parma si accende il riflettore sulla necessità di una maggiore vigilanza da parte degli organi preposti sull’osservanza delle norme e sull’opportunità di costituire una rete di controllo e prevenzione che coinvolga tutti i soggetti a vario titolo interessati, comprese le organizzazioni sindacali». Richiamando anche la recente chiusura della Residenza Maria in via Varese per mancanza di autorizzazione al funzionamento, «Il modello di assistenza ad anziani e fragili andrebbe ripensato nei modi, nei tempi e negli spazi, per garantire lo standard più alto e qualificato possibile – sostiene Valentina Anelli, segretaria generale Spi Cgil Parma- per questo riteniamo indispensabile la più ampia collaborazione per coprogettare insieme il futuro dell’assistenza. A questo si aggiunge la necessità di mettere ordine tra le varie tipologie di strutture (case famiglia, case protette, case residenza, ecc.) rimettendo al centro l’importanza del settore pubblico». «Serve un maggior controllo sulla gestione, sulla sicurezza e sull’organizzazione del lavoro all’interno di queste strutture -precisa Silvia Sartori della segreteria Fp Cgil Parma- nonché sulle tipologie professionali previste dai contratti ed il rispetto del rapporto numerico tra ospiti e operatori».