REPORTAGE
Ex scalo merci: il ventre malato della città. I racconti dei residenti
Il benvenuto ce lo dà una «ponga», un robusto ratto che zampetta placido tra le immondizie. E' tranquillo, neppure troppo circospetto.
«Lui è a casa, piuttosto siamo noi che abbiamo paura ogni volta che ci affacciamo verso l'ex scalo merci della stazione - sussurra un uomo. - In quella terra di nessuno i topi, brutto dirlo, sono l'ultimo dei problemi».
E allora, prima di capire cosa succede, proviamo a scoprire dove siamo. L'indirizzo è viale Fratti 32/1A, la finestra da cui stiamo guardando il topo è quella della «Casa della Salute per il Bambino e l'Adolescente» dell'Ausl di Parma, ovvero il posto dove tutti i piccoli di casa nostra vanno a farsi vaccinare.
E, ancora: il Duc, la sede del Comune, è a meno di 90 metri. Insomma, siamo nel cuore della città, tra le stanze dell'Amministrazione e quelle della Sanità. Ma, nonostante questo, le ponghe passeggiano tranquille.
«Anche se a creare l'allarme più grande sono gli uomini, i disperati che l'ex scalo merci lo vivono. Ammesso che quella sia vita», lamenta un residente che offre il balcone per dare uno sguardo d'insieme. Inutile chiamarlo panorama: la vista, in effetti, è desolante.
Quello che un tempo fu il deposito delle merci che arrivavano su rotaie è ormai da anni una distesa di immondizie, macerie e chiazze di miseria. Le porte e le finestre, nel corso degli anni, sono state progressivamente murate. Ma la disperazione non la fermi con quattro carriole di mattoni forati.
«Girano in tanti qui intorno – spiegano i residenti. - Ci sono alcuni che si fermano per parecchio tempo, che vediamo giorno dopo giorno. E altri che invece compaiono e poi spariscono». Ma tutti, stanziali o meno, sono ombre, presenze che si vedono e non si guardano, corpi senza un volto che si scorgono passare ad ogni ora del giorno e della notte. E, anche se le finestre degli ex uffici sono murate, le tracce di quelle vite raminghe saltano all'occhio.
Bastano due bancali, un telo, un pezzo di lamiera ed ecco una casa: che siano abitate lo dimostrano i panni appallottolati o stesi in giro. Lì vicino poi ci sono spesso delle bici, quasi sempre nuove: difficile pensare che siano state appena comprate.
«Chi frequenta questi luoghi ruba e spaccia. Se qualcosa resta incustodita sparisce, anche nei garage della Casa della Salute – spiega un medico che allarga le braccia: - Spesso chiamiamo le forze dell'ordine: anche di recente sono venuti e hanno portato via un tale. Ma per uno che scompare ne arrivano altri tre».
Anche perché questo è un confine. Tra la normalità degli ambulatori e gli antri scrostati ci sono giusto pochi passi. E la sala d'attesa ha una vetrata che sembra un belvedere sul degrado. «Ci sono le mamme con i bimbi in braccio che si trovano a dover assistere allo squallido spettacolo di gente che urina proprio di fronte - aggiunge un inserviente. - L'unica cosa da fare è distogliere lo sguardo».
«Poi a seconda dell'ora e della quantità di alcol che si sono scolati ci sono altri spettacoli: l'altra sera ci sono stati attimi di tensione all'interno dello scalo con gente che scappava, bottigliate, lancio di sassi presi dalla massicciata. E sembra che nessuno possa intervenire», rincara la dose un abitante.
Già, perché l'area è privata e, si dice, sia appena passata di mano dopo una sofferta compravendita: la sola speranza di chi abita intorno è che arrivi qualcuno a regalare una nuova vita a quella distesa di ruderi. «Una parte è ancora usata come dormitorio e come rifugio: le vie d'accesso sono molte e anche da parte dei binari il viavai è incessante». E, occorre dirlo, assai pericoloso. Quando i treni rombano fischiando a tutta velocità basta poco perché il ciondolare di qualcuno troppo “fatto” per scansarsi diventi tragedia. «E a separare le vecchie casette dalla massicciata ci sono solo fettucce di plastica».
Troppo poco, qui servirebbe molto ma molto di più. Ma come scandisce un medico in servizio al Centro della Salute per il Bambino, anche se qui è centro città «è come fosse campagna». Anzi, un altro mondo. Tra la boscaglia che è cresciuta fuori controllo ci sono pure galline e anatre arrivate da chissà dove. E poi catene di biciclette tagliate, cellulari cannibalizzati, borsette svuotate: quello che svanisce in giro spesso finisce qui e diventa immondizia. Qui regna il «tana libera tutti»: le regole, le leggi, sono elastiche, sfilacciate.
«Adesso che c'è luce fino a tardi in un certo senso la situazione è sotto controllo. Ma d'inverno cambia tutto: gli uffici chiudono dopo le 18 e, a quell'ora, è già buio. E il timore è che le ombre e chi va per una visita medica finiscano per incontrarsi». Potrebbe essere uno scontro.
Un rischio a cui tutti alludono senza osare dirlo con chiarezza: come se nessuno volesse farsi carico del «ve lo avevo detto».
Quando arriva il buio tra le baracche si notano alcuni rapidi lampi di luce. Per il resto però è buio pesto. Parma è proprio tutta intorno. C'è, ma non si vede.
Luca Pelagatti