Omicidio

Caso Genco, ricorrono in appello sia la procura che la difesa

Roberto Longoni

Ventinove anni e tre mesi: una vita, anzi due. Ancora più dei 24 vissuti fino ad allora da Mirko Genco, quando massacrò l'ex fidanzata; appena meno dei 31 che aveva la stessa Juana Cecilia Hayana Loayza, peruviana innamorata dell'Italia, quando da lui fu strangolata fino all'agonia e poi accoltellata a morte, mentre il suo carnefice registrava un lungo audio. Quei 29 anni e passa (al lordo dei permessi e degli sconti) di reclusione sono una pena congrua per chi ha due volte stuprato e poi ucciso in due riprese una giovane madre di un bimbo di un anno e mezzo la notte tra il 19 e il 20 novembre del 2021 nel parco della Polveriera a Reggio Emilia? Per una volta, accusa e difesa sono d'accordo nel sostenere che no, la bilancia non è in equilibrio: così, entrambe ricorrono contro il verdetto di primo grado. In corte d'appello a Bologna a fine novembre la prima tornerà a chiedere l'ergastolo, mentre l'altra punterà a una netta riduzione.

Che dalla procura reggiana il verdetto fosse considerato troppo indulgente era ovvio: dalle prime fasi del processo in corte d'assise a Reggio Emilia, la combattiva pm Maria Rita Pantani aveva lasciato intendere di puntare all'ergastolo dell'imputato reo confesso già sulla gazzella dei carabinieri poche ore dopo il delitto. La madre di tutte le attenuanti, se non fosse che la titolare dell'accusa nelle dichiarazioni dell'imputato avesse trovato «sedici menzogne». Nel corso delle udienze, Maria Rita Pantani aveva cercato di rendere inattaccabile il castello delle aggravanti del caso, dai futili motivi alla crudeltà, quelle che appunto avrebbero potuto chiudere con il «fine pena mai» i cancelli del carcere per il giovane parmigiano (le richieste del pm prevedevano anche 18 mesi di isolamento diurno).

Meno prevedibile, invece, l'appello di chi rappresenta Genco. Lo ribadisce anche l'avvocata Giovanna Fava. «Riesco a vedere le ragioni dell'impugnazione da parte della procura - dice l'avvocata di Dina Callenaupa Loayza, la mamma di Cecilia, ora più madre che nonna del bimbo rimasto orfano - ma non quelle della difesa». Di certo pesa che Genco ora sia rappresentato da un altro avvocato. Non è più Alessandra Bonini, che - nel suo difficile ruolo di sola contro l'accusa e sei parti civili - aveva impostato la propria strategia sul basso profilo e su un atteggiamento collaborativo in aula, oltre che sulla condivisione con la giuria presieduta dal giudice Cristina Beretti con giudice a latere Giovanni Ghini, delle sciagure subite dall'imputato nella breve esistenza. Ora, è Vincenzo Belli il nuovo difensore del 26enne parmigiano detenuto a Modena nella sezione in cui è recluso (e protetto dalla «legge del carcere») chi sia coinvolto in casi di violenza sessuale. Qui il penalista ha incontrato Genco, trovandolo «distrutto per quanto è avvenuto. Con il passare del tempo, se ne rende sempre più conto». È nelle motivazioni della sentenza che Belli ha materia prima per il ricorso. Innanzitutto, nel riconoscimento della validità della confessione, tanto particolareggiata da far scrivere a Ghini, l'estensore, che «parlare di confessione suona riduttivo».

«Le motivazioni sono ottime - sottolinea il penalista - ma nel momento in cui le attenuanti sono state riconosciute, crediamo sia il caso di dare loro il peso che si meritano: sia per i reati più gravi che per quelli di minor peso. Il nostro appello punta a ridurre al minimo la pena». L'obiettivo è di scendere il più possibile verso i 21 anni. Tra le attenuanti considerate nel giudizio di primo grado, «la collaborazione processuale, proseguita, in perfetta coerenza col comportamento tenuto nelle indagini, nel dibattimento: dove la difesa ha consentito col non opporsi alla lettura di numerosi atti di indagine o addirittura l'ha proposta». Inoltre, la «ridotta capacità di comprendere il valore e il disvalore delle sue azioni». Limite quasi di certo legato alle tragedie che costellarono la vita dell'imputato, «dai genitori incapaci di occuparsi di lui» ai ricoveri in comunità, all'uccisione della madre Alessia Della Pia, massacrata di botte dal compagno, quando Genco aveva 18 anni.

Roberto Longoni