INTERVISTA
Uguaglianza fra Costituzione e... utopia: il nuovo libro del direttore dell'Agenzia delle Entrate
Uguaglianza, valori della nostra Storia, Costituzione. Sono gli «ingredienti» del nuovo libro del direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Sottotitolo eloquente: «Storia di un'utopia incompiuta dal 1948 a oggi». E la prefazione è firmata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Quanto conosce Parma, che rapporto ha con la città e la sua gente?
«Ci sono stato varie volte, sia per ragioni professionali che non. E rimango sempre piacevolmente affascinato dall’atmosfera che si respira, così distesa e ordinata, che contribuisce a fare di Parma una delle città con la migliore qualità della vita d’Italia».
Com'è nata la «scintilla» che l’ha portata a scrivere questo libro?
«È un aneddoto abbastanza curioso. Per i miei 18 anni i miei genitori ebbero l’idea di regalarmi i volumi con i dibattiti dell’Assemblea Costituente. “Almeno, adesso che puoi votare, capirai quanti sacrifici è costato”, mi dissero. Erano otto tomi da migliaia di pagine ciascuno, non proprio il tipo di sorpresa che un neo-maggiorenne si aspetta. E infatti lì per lì non feci salti di gioia, come si può immaginare. Però è stato un regalo “a lento rilascio”, perché a distanza di qualche anno, quando ero all’università, ho iniziato a riscoprire quei volumi e imparato ad apprezzarne il valore. Ma ci sono voluti diversi anni perché prendesse la forma di un libro».
«Uguali per Costituzione»: perché è una «utopia incompiuta»?
«L’articolo 3 è un meraviglioso biglietto da visita per un Paese uscito da una dittatura ventennale: pari dignità per tutti i cittadini senza distinzione e al tempo stesso l’ambizione di consentire a ciascun cittadino di realizzarsi appieno. È come se i Costituenti avessero voluto dire: noi siamo la nuova Italia e vogliamo costruire una nazione in cui chiunque venga effettivamente aiutato a diventare libero e uguale a tutti gli altri. Non era scontato affermarlo, 75 anni fa. Ma spesso le cose belle non sono mai del tutto realizzabili e in questo senso rappresentano un’utopia. Al tempo stesso, esercitano una forte attrazione, che come un pungolo costante ci spingono ad andare verso di loro. L’uguaglianza è quindi un’aspirazione alla quale tendere e, come tale, non potrà mai dirsi del tutto compiuta. Ma proprio per questo va considerata come un principio-guida verso cui orientarsi, così da renderlo il più effettivo possibile».
Come fare quindi per realizzare questa utopia?
«Mi viene in mente l’immagine del mosaico al quale ognuno può inserire qualche tessera, anche senza pretendere di terminare da solo tutto il lavoro. Penso che il cammino dell’uguaglianza richieda proprio questo: ogni generazione deve cercare di aggiungere qualche tassello, lasciando il Paese migliore di come l’ha trovato, perché è vero che molto è stato fatto da quando è nata la Repubblica, ma molto resta ancora da fare. Solo per citare un caso, pensiamo alla differenza salariale che ancora esiste fra uomo e donna nel mondo del lavoro, anche a parità di mansioni. È accettabile, in una società che si professa moderna come la nostra?».
Riuscire a fare la differenza e lasciare il segno forse non è alla portata di tutti...
«Tutti possiamo lasciare il segno, perché fare la differenza è qualcosa che prescinde dal posto che si è chiamati a occupare, è un modo di giocare le carte che la vita ci ha consegnato. E lo può fare chiunque. Spesso la storia di questo Paese l’hanno fatta persone che hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco. La possibilità per le donne di ricoprire ruoli di vertice nella pubblica amministrazione, ad esempio, la si deve a una ragazza di 25 anni che nel 1959, proprio in base al principio di uguaglianza sancito in Costituzione, rifiutò di essere esclusa da un concorso in base al suo sesso: fece ricorso, lo vinse e fu necessario cambiare la legge, risalente a ben prima della Repubblica. Quella giovane, Rosanna Oliva, era appena uscita dall’università e non aveva incarichi di alcun tipo, eppure ha fatto fare grandissimi passi avanti al nostro Paese».
Uguaglianza e il diritto di non essere discriminati. Oggi, nei fatti, non avviene un po’ il contrario? Sui social in primis, esprimendo idee o commenti ogni cittadino può spesso ritrovarsi al centro di attacchi anche violenti o di polemiche gratuite su tutto. Cosa ne pensa?
«È un tema sensibile, perché è vero che per alcuni aspetti la rete sembra essere diventata un porto franco in cui tutto è concesso. Al punto da far dimenticare, talvolta, che le parole possono essere pietre e che dall’altra parte dello schermo ci sono persone in carne e ossa. Mi verrebbe da dire che chi è vittima di attacchi dovrebbe poter fare affidamento sulla forza delle proprie ragioni, ma mi rendo conto che non è sempre semplice. E, soprattutto, che purtroppo può non bastare nemmeno».