In mostra al Complesso di San Paolo
Dal legno alla grafite: quelle racchette che hanno scritto la storia del tennis
Come una bacchetta magica che sceglie il proprio mago (e non viceversa), così la racchetta per un tennista. Proiezione del suo arto, perfetta combinazione di tecnica – quella che il giocatore mette nell'esecuzione del gesto – e di tecnologia, compiutamente espressa nella costante evoluzione dei materiali che la compongono e che investono, in certi casi, addirittura la sfera ingegneristica. «La racchetta di Rafa Nadal, ad esempio, ha una particolare fibra utilizzata per costruire le carlinghe degli aerei» racconta Paolo Bertolino, piemontese originario delle Langhe, professione incordatore, che al Complesso monumentale di San Paolo, in concomitanza con l'avvio del Parma Ladies Open – il torneo Wta 125 organizzato da Mef Tennis Events – espone oltre un centinaio di «chicche» del suo «Museo della Racchetta».
Uno spazio espositivo che a Baldissero d'Alba («all'interno di un vecchio casale ristrutturato al quale erano legatissimi anche i miei genitori» rivela) raccoglie oltre 1.300 pezzi. Di tutte le epoche, provenienti da ogni parte del globo e capaci di abbracciare un arco temporale lungo due secoli. Dalle primissime in legno antico, che risalgono alla fine dell'Ottocento, a quelle in metallo. Per arrivare, infine, alle più moderne in grafite. «L'aspetto curioso è che il 99,9% dei tennisti non sa come si produce una racchetta o come sono fatte le corde» spiega Bertolino. «Dietro questa imponente collezione, c'è un complesso lavoro di ricerca e di selezione. È il frutto anche di numerose donazioni di amici e conoscenti, di giocatori che sono passati dal Circolo della Stampa Sporting di Torino, che si trova vicino la mia attività commerciale. Sì, ho fatto della mia passione un lavoro. E per questo mi sento un privilegiato».
Le origini
Tutto ebbe inizio con una foto iconica. «Quella che immortala il passante con cui Borg sigla il punto decisivo in una finale contro Connors: quello scatto fissa un attimo nel quale la racchetta sembra sospesa in aria. Nel vederla, ho pensato: chissà come sarebbe bello se, accanto a questa foto, ci fossero proprio le racchette di Borg e Connors. E da lì sono partito».
A Parma una sezione inedita
Nella Sala delle Colonne del Complesso di San Paolo l'esposizione – inaugurata ieri sera – segue tre filoni. «La sezione Legend, che presenta una sorta di timeline della raccolta: dalle origini ai giorni nostri» spiega Bertolino. «La seconda è dedicata alla decalcomania, con la presenza della foto o immagine stilizzata del giocatore impressa nel “cuore” della racchetta: autentiche rarità, che rappresentarono anche le prime forme commerciali. Terza sezione, infine, la galleria degli Slam». E qui viene il bello. Si tratta, infatti, dei modelli retail della racchette utilizzate da campioni e campionesse: identica, la livrea. Da McEnroe ad Agassi, da Sampras a Federer, da Nadal e Djokovic. La versione «itinerante» del Museo della Racchetta, per la prima volta in assoluto, a Parma, propone le racchette delle regine del tennis: King, Evert, Navratilova, Graf, Seles, le sorelle Williams. «È stata fatta una precisa scelta – chiarisce Bertolino -: puntare su chi avesse vinto almeno due titoli Slam. Per ciascun atleta, un pannello riporta anche i risultati delle finali».
Ciò che suscita questa meraviglia, a prima vista, è emozione. «Chi visita la mostra itinerante o il Museo, deve portarsi dietro proprio l'emozione legandola a quello che io definisco il sacro fuoco del tennis. Esistono gli sci, le mazze da baseball e quelle da golf. Ma nell'immaginario collettivo, per una disciplina sportiva, non c'è attrezzo più identificativo della racchetta da tennis».
Vittorio Rotolo