Lesignano
Trentatré varietà di uva autoctona tornano a vivere
Trentatrè vecchie varietà di uva a rischio estinzione tornano a vivere e a far parlare di sé. Nasce così la più importante testimonianza di biodiversità della provincia di Parma. La raccolta delle antiche varietà di vitigni è stata presentata ieri in forma di campo catalogo, una vigna in cui gli antichi ceppi vengono coltivati e salvati così dall’oblio. Il progetto è organizzato e coordinato da “Rural, biodiversità agricola”, voluto e sostenuto da Mauro Ziveri, che ha organizzato l’evento di presentazione all’Agricola Rosa all’Angelo di Rivalta, vicino a Lesignano Bagni.
Al progetto hanno collaborato gli agronomi Mauro Carboni e Enzo Melegari con l’ISS Bocchialini. «La biodiversità non deve essere un museo - ha affermato Mauro Carboni - ma una risorsa disponibile a tutti, grazie agli agricoltori che non hanno tagliato le piante quando si diceva che le nuove varietà sarebbero arrivate da fuori e sarebbero state più remunerative».
Notevole il colpo d’occhio del lungo tavolo all’interno di Agricola Rosa, contornato da una trentina di trattori d’epoca perfettamente funzionanti, imbandito con grappoli di diverse forme, colori e grandezze. Fra queste varietà spicca la Verdea, uva da tavola di cui si hanno testimonianze risalenti al 1300, salvata a Fontevivo da Cesare Pelagatti oppure la Varàn, a rischio estinzione, salvata a Borgotaro da Giacomo Costella. Tutte le varietà sono state analizzate anche al Dna e registrate ai ministeri preposti alla salvaguardia delle specie. Alcuni vitigni sono stati recuperati in montagna, altri dalle zone di Piacenza, in particolare Gropparello e Bacedasco come la Santa Maria, la Melara, la Bianchetta già presente a metà del 1600 o la Besgano. Quest’ultima era l’uva da tavola più coltivata in assoluto fino alla Prima guerra mondiale. Rural biodiversità agricola ha permesso il recupero del Besgano bianco, rosso e gentile. La Nigrera è stata invece ritrovata a Neviano degli Arduini, deve il suo nome al colore che trasmette al vino, veniva anche usata per colorare lana e filati.
Una breve carrellata di uve già conosciute non può che partire dal Trebbiano di Parma salvato dalla famiglia Trabucchi a San Secondo e citato da alcuni testi del 1700, dalle analisi risulta una varietà di Verdicchio, permette di alzare il grado alcolico nel taglio. Il Moscato di Parma è ritenuta ad alto rischio di estinzione, salvata a Fontevivo da Sergio Grisenti, viene citata da Catone e Plinio. La Malvasia Odorosissima è il vitigno coltivato prima della Candia, chiamata anche Malvasia di Maiatico e offre un vino molto profumato. Il Lambrusco Maestri è stata selezionata a Parma, se ne trova traccia su una Gazzetta di Parma del 1901 in cui si invita a diffidare dalle imitazioni. È un’uva più resistente alla nebbia delle varietà più famose, anch’essa salvata a Fontevivo. Ognuna delle rimanenti varietà meriterebbe approfondimenti e aneddoti storici che dimostrano l’importanza dell’agricoltura e di questo progetto, vera memoria dell’uomo e della biodiversità.
Silvio Marvisi