L'autore del libro che ha ispirato la fiction

«Elisa Claps: storia di ingiustizie e misteri»

Giovanna Pavesi

Si intitola «Per Elisa-Il caso Claps» e andrà in onda, in prima serata, su Raiuno, per sei puntate, da stasera al 7 novembre.

La miniserie, diretta da Marco Pontecorvo, ripercorre la scomparsa di Elisa Claps, la 16enne di Potenza sparita il 12 settembre 1993, i cui resti furono ritrovati nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza nel 2010, ma anche la morte di Heather Barnett, la donna trovata senza vita, coperta di sangue e mutilata nella sua abitazione di Bournemouth, in Inghilterra, il 12 novembre 2002. La serie è basata sul libro del 2012 «Blood on the Altar», pubblicato anche in italiano con il titolo «Sangue sull’altare», scritto dal giornalista britannico Tobias Jones, che da anni vive a Parma e che si è occupato dei due omicidi, per i quali è stato giudicato colpevole Danilo Restivo.

Per Jones, che non ha firmato la sceneggiatura ma è stato consulente (insieme alla famiglia Claps), «romanzare un evento vero è difficile», sia perché è necessaria «un po’ di licenza artistica», sia per una forma di cura verso i familiari di chi non c’è più. Per anni, come confermato dal giornalista, il dibattito si è diviso tra l’opportunità di raccontare la storia di Elisa attraverso un documentario «basato semplicemente sui fatti», oppure tramite la fiction.

Alla fine, è stata scelta la seconda opzione, con una narrazione più coinvolgente e popolare.

«Ho faticato a vederla, perché sono rimasto molto amico di Gildo (il fratello di Elisa, ndr), di sua madre e della famiglia e conosco benissimo il dolore atroce che hanno subito - spiega Jones, descrivendo la sensazione provata alla prima visione della miniserie -. La produzione, però, è stata bravissima a renderla veritiera, anche attraverso i costumi e i dettagli (c’è persino lo stesso tipo di scotch utilizzato negli uffici). Anche se i personaggi non assomigliano più di tanto ai protagonisti veri, è talmente convincente che fa impressione. Poi, ovviamente, il fatto che sia basato su una storia vera, la rende cento volte più drammatica».

E il motivo che rende questa storia ancora così «viva» nell’opinione pubblica è, secondo il cronista, legato a tanti aspetti: «Il fatto che Elisa sia scomparsa a 16 anni, nella chiesa più importante di una città abbastanza strana, sconosciuta e un po’ bruttina, è un mistero puro; poi c’è la figura di Filomena Claps, sua madre, con questa faccia rocciosa, che non ha mai smesso di fare la sua battaglia per la verità». Secondo Jones, infatti, ciò che attrae ancora di questo caso di cronaca non è mai stata una questione di chi fosse il colpevole (si sapeva fin dall’inizio), ma piuttosto di una serie di ombre che hanno contribuito a spingere le persone a chiedersi quanto ne sapesse, per esempio, don Mimi Sabia o il ruolo di altri personaggi. C’è anche chi non dimenticherà Elisa, rivedendo nel suo sguardo quello della sorella, di un’amica o della propria figlia.

«Quella di Elisa Claps è una vicenda molto più ampia di una storia solo sua. È la storia dell’ingiustizia, delle bugie delle istituzioni, del ruolo della Chiesa e delle sue omissioni ed è una vicenda che riflette tanti aspetti, quasi antropologici, della società - conclude Jones -. È un po’ come con Emanuela Orlandi, si tratta di quei casi che ti fanno intravedere un aspetto un po’ losco e nascosto della società».

Giovanna Pavesi