UNIVERSITA' DI PARMA

Intervista a Paolo Andrei: «Sei anni intensissimi, Ateneo in crescita»

Claudio Rinaldi

Professor Andrei, cosa prova a lasciare, dopo sei anni intensissimi, la guida dell’Università?

«Provo sensazioni difficili da spiegare in pochi concetti, ma ci provo. Sono certamente felice di aver potuto fare un’esperienza impagabile sotto il profilo sia umano, sia professionale, e sono certo che, da domani, mi sentirò un po’ disorientato in quanto si è trattato di un incarico bellissimo e, al tempo stesso, molto impegnativo, intenso e coinvolgente. Termino anche con la serenità di avere messo sempre in gioco tutto me stesso, con i miei pregi e con i miei limiti, e questa consapevolezza mi rende molto sereno guardando ai sei anni appena trascorsi. Infine, come ho più volte detto, termino il mio mandato con la gratitudine verso tutte le persone che mi hanno aiutato, incoraggiato e, talvolta, sopportato o criticato, perché mi hanno insegnato moltissimo e hanno reso ancor più consapevole e forte il mio incondizionato amore per l’università e per ciò che essa rappresenta».

Nel bilancio di fine mandato usa spesso la parola «insieme». Quanto è stato importante il gioco di squadra?

«È stato fondamentale. Sono sempre stato convinto che per ottenere grandi risultati occorra agire attraverso il coinvolgimento di tutte le persone che compongono la comunità cui si appartiene. Il che non significa rinunciare a segnare, con la propria impronta, la strada che si intende percorrere, ma occorre essere disposti ad ascoltare gli altri e a mettersi in discussione, per fare in modo che tutto ciò che si decide di attuare non sia il frutto del pensiero di una o di poche persone ma, al contrario, il risultato di un confronto il più possibile partecipato. In questo senso devo ringraziare le tantissime persone che hanno condiviso prima, e realizzato poi, progetti che sembravano impossibili».

La soddisfazione più grande.

«Domanda molto difficile: sono tantissime le soddisfazioni che ho provato in questi sei anni. Ma se devo sintetizzare in un solo punto, ritengo che l’aver visto crescere notevolmente la considerazione e la stima nei confronti dell’Università di Parma a livello locale, nazionale e internazionale sia la soddisfazione più grande, che riassume tutte le altre».

Il complimento ricevuto che le ha fatto più piacere.

«Quello che mi hanno rivolto i rappresentanti delle studentesse e degli studenti qualche giorno fa, quando mi hanno ringraziato per avere sempre creduto nelle relazioni umane e sociali, per il percorso di crescita che abbiamo realizzato insieme e per avere ascoltato e tenuto in considerazione la loro voce e le loro opinioni».

La laurea ad honorem di cui è più orgoglioso.

«Sono molto orgoglioso di tutte le dieci lauree ad honorem che abbiamo conferito in questi sei anni, tutte rivolte a persone di grandissima levatura: William Allen Eaton, don Luigi Ciotti, Claudio Magris, Patrick Chamoiseau, Sergio Mattarella, Riccardo De Gaudenzi, Nicola Piovani, Bernardo Valli, Martin Chalfie e Carlo Ancelotti».

L’emozione che non dimenticherà mai.

«Ricollegandomi alla domanda precedente, la laurea ad honorem conferita il 4 ottobre 2021 al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha significato per me e per l’intera comunità universitaria di Parma un momento di altissimo valore che non dimenticherò mai».

Un altro ricordo indelebile: il periodo della pandemia.

«Sì, un periodo che forse abbiamo troppo in fretta dimenticato. Ricordo lo sgomento per i tanti ammalati e per i troppi morti delle fasi più dure, la sofferenza delle persone, il grande impegno profuso da tutte le componenti della comunità universitaria per garantire immediatamente, attraverso la didattica online, il regolare svolgimento delle lezioni, degli esami, delle sessioni di laurea. E poi il grande lavoro svolto da tutti, compresi i colleghi e le colleghe del Dipartimento di Medicina e Chirurgia, negli ospedali e nei presìdi sanitari, lo spirito di collaborazione instaurato tra le istituzioni per arginare gli effetti del contagio, il disagio patito da tante persone per effetto dell’isolamento forzato. Devo ammettere che si è trattato di un periodo complesso che ha causato anche strascichi non trascurabili: se nei periodi più duri della pandemia dicevamo di essere tutti uniti e si era sviluppato un eccezionale sentimento di solidarietà tra le persone, ora stiamo assistendo all’aumento di condizioni di fragilità spesso causate dagli effetti collaterali della pandemia: frammentazione dei legami sociali, aumento delle condizioni di povertà sotto il profilo economico e sociale».

C’è un rammarico per qualcosa che non è riuscito a fare?

«Sono diversi i progetti che non sono riuscito a portare a compimento e che spero possano essere realizzati nei prossimi anni. Il più importante riguarda la semplificazione e l’efficacia dei processi amministrativi dell’università: abbiamo fatto diversi passi avanti, ma resta ancora molto da fare in questa direzione se vogliamo che nell’Ateneo tutte le persone possano lavorare senza inutili rallentamenti burocratici e possano davvero dispiegare al meglio le proprie potenzialità. Ciò non significa trovare pericolose scorciatoie quanto, piuttosto, definire al meglio procedure che nel rispetto della normativa vigente possano rendere più snello ed efficace lo svolgimento delle prassi amministrative connesse a tutte le aree di attività che contraddistinguono l’azione dell’Università».

Parliamo di didattica e servizi agli studenti: quali progressi sono stati compiuti?

«Penso che il continuo miglioramento della proposta formativa della nostra Università attraverso gli oltre cento corsi di laurea che compongono la nostra offerta sia stato uno degli elementi più importanti dell’azione svolta in questi anni da parte dell’Ateneo. La continua crescita delle iscrizioni registrata negli ultimi sei anni è la testimonianza più immediata della validità di questa attività, che si coniuga anche con la ricerca di un adeguato livello di qualità di tutte le nostre azioni rivolte alle studentesse e agli studenti per garantire il diritto allo studio e le pari opportunità. Abbiamo fatto notevoli passi avanti e siamo tuttora fortemente impegnati per garantire tutti i servizi necessari affinché studentesse e studenti possano essere accolti nel migliore dei modi dalla nostra Università e dalla nostra città: mi riferisco al tema degli alloggi per gli studenti provenienti da altre città, al tema dei trasporti, delle mense, degli spazi aggregativi, delle proposte culturali della città, e così via. Abbiamo già fatto importanti investimenti in queste direzioni, ma soprattutto abbiamo posto al centro dell’attenzione dell’intera comunità parmense il valore sociale e culturale che i nostri circa 32.000 studenti e studentesse rappresentano per lo sviluppo della nostra comunità territoriale».

E nel campo della ricerca?

«In questi sei anni abbiamo investito ingenti risorse per fare in modo che potessero dispiegarsi le migliori energie nel campo della ricerca in tutti i settori in cui si articolano le attività dei nostri nove dipartimenti. Abbiamo investito il massimo possibile sia per garantire un’importante politica di rafforzamento degli organici di personale, sia per dotare i colleghi e le colleghe delle risorse indispensabili per riuscire a sviluppare progetti di ricerca di qualità e in grado di competere con successo sia in campo nazionale che internazionale. Ciò ha dato origine a un buon incremento della produttività in tutti i settori scientifico-disciplinari, con risultati apprezzabili anche in termini di qualità degli esiti delle ricerche prodotte e nella capacità di attrarre risorse attraverso la partecipazione a bandi competitivi nazionali e internazionali. Di rilievo, in questo senso, il risultato raggiunto di recente da tre dipartimenti del nostro Ateneo che hanno ottenuto la qualifica di “dipartimento di eccellenza” da parte del ministero dell’Università e della Ricerca: si tratta di un terzo dei nostri dipartimenti che, oltre alla soddisfazione di essere stati valutati positivamente nel novero dei 180 “dipartimenti di eccellenza” nazionali, potranno contare per cinque anni su significativi finanziamenti aggiuntivi da parte del ministero».

Ha sempre dato grande importanza alla terza missione: soddisfatto dei risultati?

«Molto! Abbiamo saputo realizzare una costante collaborazione con tutte le realtà produttive, istituzionali, culturali e sociali del nostro territorio provinciale e regionale. È impossibile richiamare tutte le attività che abbiamo svolto. Desidero solo ricordare i tantissimi incontri dedicati alla divulgazione scientifica, la notte delle ricercatrici e dei ricercatori, le azioni di collaborazione con le imprese attraverso le attività dei nostri centri di ricerca e dei nostri dipartimenti, le azioni nel campo della giustizia sociale, le attività svolte attraverso il polo universitario penitenziario, le tante iniziative culturali promosse da Csac, dal Capas e dal sistema museale di ateneo, le moltissime convenzioni di collaborazione con istituzioni culturali, associazioni, enti locali. Insomma, penso che oggi l’Università di Parma sia a ragione considerata un interlocutore di primo piano in tantissimi campi, grazie alla disponibilità a collaborare che abbiamo messo in campo con le diverse espressioni in cui si articola la vita della nostra comunità territoriale».

Soddisfatto per i progetti pensati per sfruttare i fondi del Pnrr?

«Certamente sì. Abbiamo lavorato molto intensamente, presentando diversi progetti sui bandi ministeriali attinenti ai temi della ricerca, della didattica e delle attività culturali previsti su diverse azioni legate al Pnrr. Il risultato finale è stato molto importante: siamo riusciti a ottenere finanziamenti per circa 80 milioni di euro, che ci consentono di sviluppare progetti di ricerca di grande scala, attività di orientamento in collaborazione con le scuole, nonché investimenti attinenti al nostro sistema museale di ateneo».

Anche la costituzione dell’alleanza europea Eu Green è stata una grande soddisfazione.

«La partecipazione della nostra Università a questo programma, insieme ad altri otto atenei europei, è di fondamentale importanza per favorire i processi di internazionalizzazione che già ci vedono protagonisti. Eu Green non è un semplice accordo di collaborazione tra università ma un progetto selezionato e finanziato dalla Commissione europea che mira a rendere gli atenei partecipanti più aperti, innovativi, diversificati, con l’obiettivo di arrivare, a regime, alla costruzione di una vera e propria “università europea” in grado di conferire titoli di studio riconosciuti su tutto il territorio della Ue».

Un consiglio per il suo successore.

«Il nostro rettore, professor Paolo Martelli, non ha bisogno di consigli, è persona attenta, capace e solida. Gli rivolgo, con affetto e stima, l’augurio di poter realizzare appieno e con soddisfazione gli obiettivi che si è prefissato e che ha descritto nel suo programma elettorale. Sono convinto che, con il contributo di tutti, saprà vincere le sfide che ci attendono con caparbietà, entusiasmo, eticità e competenza».