TRAGEDIA
Omicidio di via Faelli: oggi l'assassino avrebbe avuto la visita psichiatrica
Oggi i demoni interiori di Md Rabbi Hosen avrebbero potuto iniziare a trovare pace. Oggi sarebbe potuto iniziare il percorso verso quella serenità evaporata all'improvviso e inspiegabilmente venerdì 20 ottobre, giorno della sua prima visita volontaria al pronto soccorso. Oggi il presunto assassino di via Faelli si sarebbe dovuto presentare in via XXII Luglio, allo Spazio salute immigrati dell'Ausl per iniziare il suo percorso di cura. Il suggerimento arriva dagli psichiatri del pronto soccorso, che il 24 ottobre lo avevano visitato dopo giorni di tormento.
Le sue paranoie, in pochissimo tempo, erano peggiorate al punto tale da spingere la cooperativa che gestisce il Cas dove è avvenuto l'omicidio a richiedere di anticipare il prima possibile la visita allo Spazio salute, visita fissata in un primo tempo il 16 novembre.
I fantasmi che tormentavano i pensieri del 23enne bengalese lunedì sera hanno inghiottito anche l'ultimo barlume di lucidità. Armato di coltello, probabilmente preso dalla cucina del Cas che si affaccia su via Volturno, Hosen si sarebbe prima diretto verso il bagno per poi precipitarsi nella camera da letto dove riposava (forse dormiva) il suo amico e connazionale Rabby Ahmed, 21 anni. Il fendente al collo è stato letale.
Priamo Bocchi, capogruppo in consiglio comunale di Fratelli d'Italia è durissimo, ed è convinto che l'omicidio di via Faelli «richiama pesanti responsabilità di coloro che sarebbero potuti intervenire e invece hanno ignorato i numerosi campanelli d'allarme». Ripercorrendo gli ultimi giorni del presunto omicida, Bocchi scrive: «L'associazione che gestisce il Cas, la cooperativa Leone Rosso subentrata a Svoltare, aveva infatti già segnalato la pericolosità sociale del soggetto, evidentemente affetto da gravi disturbi psichici. Per tale motivo la cooperativa aveva già da giorni richiesto l'adozione di una presa in carico da parte della salute mentale dell'Ausl».
Dal 20 ottobre, il 23enne aveva iniziato temere di essere avvelenato con il cibo, di essere ucciso. Aveva paura di restare nel suo letto, tanto da dormire una volta in bagno e una volta in cucina. La sera del 20 ottobre chiamò un'ambulanza, si fece portare al pronto soccorso, ma all'alba del giorno dopo si allontanò dall'ospedale.
Il 24 ottobre gli operatori della Leone Rosso avevano deciso di riportarlo al pronto soccorso, dove rimasero dalle 13.30 fin dopo le 19.30, ora della visita con tre psichiatre. Prima della visita al 23enne venne somministrato un sedativo e questo (visto il suo italiano stentato) complicò ulteriormente la comunicazione con i medici. Ad accompagnarli c'era anche la vittima, con cui Rabbi Hosen aveva stretto un vero e proprio legame di amicizia. Il 23enne venne dimesso con l'indicazione di rivolgersi al servizio Ausl di via XXII Luglio. Gli venne anche prescritto uno psicofarmaco.
È stato fatto abbastanza? Bocchi, che ha anche depositato un'interrogazione, ricorda che il sindaco, «dietro proposta motivata di due medici», avrebbe potuto disporre il Tso. Ma a quanto pare nessuno medico avrebbe richiesto il Trattamento sanitario obbligatorio. «Mi chiedo se il sindaco e l'assessore con delega alla sanità e al sociale - continua il consigliere - abbiano contezza di situazioni simili che affliggono gli ospiti delle strutture di accoglienza cittadine, se abbiano adottato strumenti di verifica, controllo e intervento e se abbiano avuto cura di fare un censimento di quante persone presenti nelle strutture di accoglienza siano in carico alla salute mentale dell'Ausl». Il problema è che il disagio mentale è presente (ed è in crescita) ovunque, non solo tra i migranti.
Pierluigi Dallapina