Verso Parma-Sudtirol
Il doppio ex Manuel Scavone: «Crociati favoriti, ma gli altoatesini sono una squadra che non muore mai»
Manuel Scavone, Parma-Sudtirol per lei è un po' la partita del cuore: si affrontano infatti la squadra che l'ha lanciata nel calcio professionistico e quella crociata con la quale ha centrato due promozioni.
«Senza nulla togliere alle altre dove ho militato, Parma e Sudtirol restano le due società cui sono sentimentalmente più legato. A entrambe devo moltissimo».
Proviamo allora a giocarla con lei, questa sfida: come la vede?
«Mi aspetto una gara tosta, equilibrata, con il Parma che cercherà di tenere in mano il pallino del gioco: vedo i crociati leggermente favoriti, per le loro qualità tecniche e perché al Tardini vorranno far punti a tutti i costi. Attenzione però al Sudtirol: una squadra con una sua identità che concede poco, bada alla sostanza e non muore mai. Ne è prova il fatto che trovino spesso la via della rete nelle battute finali: questo la dice lunga sulla mentalità dell'allenatore ma direi anche della stessa società».
Le piace questo Parma?
«Molto. Sta raccogliendo i frutti del lavoro avviato nella passata stagione. L'avevo affrontato col Brescia, nel campionato scorso appunto, e avevo intravisto un potenziale enorme. I giovani stanno crescendo e Pecchia ha idee moderne, fa giocare bene le sue squadre: è l'allenatore giusto per il Parma».
La formazione crociata è quindi quella da battere in questo campionato?
«Senza dubbio è una di quelle che resterà fino alla fine nelle posizioni di vertice. Poi, sa, la B è un torneo lungo e difficile. Nessuno, ad esempio, avrebbe pensato ad una Sampdoria così indietro a questo punto della stagione. E lo stesso vale per il Pisa, che pure aveva fatto bene negli ultimi anni».
Manuel, parliamo un po' dei suoi trascorsi. Lei ha giocato nel Sudtirol tra il 2004 e il 2010: si sarebbe mai aspettato una simile evoluzione da parte di questo club?
«Onestamente sì. Era una società che, già allora, aveva una programmazione ben definita e una visione chiara. Hanno sempre preferito investire sui giovani del territorio e sulle strutture: il centro sportivo, lo stadio. Ricordo dirigenti lungimiranti, che univano serietà e ambizione ma senza mai fare il passo più lungo della gamba. Con loro ho vinto anche un campionato, la vecchia C2».
E Parma, invece, cosa ha rappresentato per lei?
«Una delle tappe più gratificanti della mia carriera. E questo, devo dirle, al di là dei pur strepitosi risultati raggiunti in due anni, col doppio salto di categoria. A Parma io e la mia famiglia siamo stati bene: una città bellissima, accogliente, con un'elevata qualità della vita».
E sul campo?
«Sono arrivato in serie C. Avrei avuto la possibilità di firmare con qualche squadra di categoria superiore. Ma Parma era Parma: un club blasonato, con una gran voglia di tornare ad alti livelli. Credevo fortemente nel progetto di rinascita: è stata quindi un'esperienza stimolante ed esaltante, una scommessa con me stesso che ho vinto insieme ad un gruppo di persone e di ragazzi straordinari».
Qual è stato, a suo avviso, il segreto della scalata di quel Parma?
«Un'unità di intenti fortissima. Partimmo male, poi la società cambiò tutto. E fece la scelta giusta. La voglia di non mollare fu determinante. Ricordo come fosse ieri l'ultima trasferta della stagione regolare, a Teramo: eravamo in un momento delicatissimo, dopo qualche passaggio a vuoto. La squadra si ricompattò. E ai play-off, dove pure non eravamo favoriti, riuscimmo a dimostrare il nostro valore. I tifosi ci diedero una grande mano: sempre presenti, anche nelle difficoltà, e appassionati. A proposito, posso chiederle una gentilezza?».
Certo, dica pure.
«Mi piacerebbe che da questa nostra chiacchierata emergesse la mia sincera gratitudine nei confronti della gente di Parma. I tifosi crociati li abbraccio tutti idealmente, sono sempre nel mio cuore. E spero di tornare presto in città».
Da qualche mese è ripartito dall'Eccellenza e da Bolzano, dove ha sposato il progetto del Bozner. Perché questa scelta?
«L'età avanza (sorride, ndr) e ho creduto fosse giunto il momento di pensare a quello che poteva essere il mio futuro, dopo il calcio giocato. Guardandomi attorno, in estate, non avevo visto una progettualità convincente. E non mi andava certo di vivacchiare, alla ricerca di un contratto più lungo. Ho quindi cercato di riavvicinarmi a casa, in una realtà che fosse in linea con i miei valori: l'educazione, un calcio pulito, l'attenzione verso i giovani da far crescere. Il Bozner mi ha dato tutto questo. E poi, qui, posso anche seguire l'attività imprenditoriale che ho avviato: mi occupo di benessere delle persone. Il campionato di Eccellenza è tosto, lo ammetto. A me, però, le sfide sono sempre piaciute».