ADDIO

L'eredità di Emanuela Scolaro, morta a 46 anni

Chiara Cacciani

«Bisogna vivere a piccoli passi», e un piede dopo l’altro fare ogni giorno quello che si può, senza perdersi in ciò che non si può governare: eccola, l’eredità di Emanuela Scolaro, «la Manu» dei racconti di chi l'ha amata, scomparsa a soli 46 anni. Lo ha praticato anche nei giorni più difficili: quei sette mesi in cui i dolori provocati dalla malattia l'hanno messa a durissima prova, senza toglierle la tenacia di riconoscere sempre qualcosa per cui essere grata.

Originaria di Marino, in provincia di Roma, dove vivono ancora i genitori e il fratello, era arrivata a Parma per amore. Quello per Paolo Marchesi, sposato 22 anni fa. Dopo un anno è nato Ian e otto anni fa era arrivata, desiderata da tempo, Erin: i suoi due orgogli più grandi. Lo sa bene anche chi l'ha conosciuta grazie a quel mestiere in cui metteva la sapienza delle mani e del cuore: dopo aver lavorato per più di 10 anni nel salone «Look of hair» di piazzale Pablo, era entrata nello staff di «Roberto Gozzi Parrucchieri».

«Le piaceva molto la sua professione e le piaceva stare con le persone. Era solare, si dava molto agli altri e aveva una grande capacità di ascolto - ricorda il marito - È qualcosa che l’ha sempre contraddistinta: se qualcuno aveva bisogno di parlare o d'aiuto, lei c'era».

E c'era pienamente: «Che stesse vivendo qualcosa di bello o di brutto, aveva sempre posto dentro di sé per accogliere l'altro, e ciò che di bello o di brutto stesse vivendo» la descrive l'amica più cara. Un'amicizia che sembra arrivare da una sceneggiatura particolarmente ben scritta dal destino: stesso nome, stessa origine romana, entrambe due figli di età molto diverse. Stessa pure la casa in cui sono finite a vivere. «Io al secondo piano e lei al pianterreno, nell'appartamento che avrei voluto io: quanto ne abbiamo riso - racconta l'“altra” Emanuela - La Manu è una persona estremamente diversa da me ma in qualche modo era un'anima gemella: con parole differenti arrivavamo a punti uguali».

Un ritratto dettagliato e dolcissimo quello che disegna: «Era, è, una donna particolarissima e speciale, che non si accontentava dei suoi pensieri, delle sue conquiste, dei suoi punti di vista: si apriva agli altri, si accostava, cercava di migliorarsi». E insieme ne hanno seguiti tanti di incontri dedicati alla pedagogia e alla crescita. «Ho riascoltato i suoi messaggi: aveva una voce così vibrante... E poi quell'amore immenso per i figli: era orgogliosa di loro in modo ammirevole. Ian che ha realizzato le sue aspirazioni, Erin che sta crescendo così bene». E lei, la «Manu-bella», che ha donato loro la traccia: «“Bisogna vivere a piccoli passi, essere contenti di quel che si ha tutti i giorni”, mi ha ripetuto finché ha avuto voce. Lei lo ha fatto anche quando essere contenta era riuscire a camminare per il reparto». Lasciando l'orma di un sorriso.