APPELLO
Violenza sessuale, condanna confermata per De Lorenzis: 14 anni
«Ci sono le prove che quelle donne hanno detto il falso. Io voglio uscirne a testa alta». Così parlava Gianfranco De Lorenzis nel 2016, quando le indagini si erano da poco chiuse. Ma per lo specialista in chirurgia dell'obesità, accusato di violenza sessuale aggravata e continuata, anche l'appello si è rivelato una corsa verso l'abisso. Le sue mani che correvano sul corpo delle pazienti, i palpeggiamenti e i baci nulla avrebbero avuto a che vedere con le «visite accurate» di cui spesso parlava. I giudici della seconda sezione della Corte d'appello di Bologna hanno confermato la condanna a 14 anni. Al medico, 70enne, origini leccesi, non è stato concesso nemmeno lo sconto di due anni invocato dal sostituto procuratore generale, che aveva anche chiesto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in riferimento al video delle «Iene» in cui De Lorenzis veniva ripreso mentre molestava un'attrice che si era finta paziente: in sostanza, come sottolineato anche dalla difesa, si trattava di verificare l'autenticità e l'integrità del filmato. Ma nessuna istanza è stata accolta. Confermata anche la provvisionale di oltre 300mila euro complessivi per le 25 parti civili costituite, mentre il risarcimento sarà stabilito in sede civile. E via libera, inoltre, così come aveva stabilito il tribunale di Parma, alla sospensione dall'esercizio della professione sanitaria per la durata della pena.
C'era anche lui, ieri in aula. De Lorenzis era presente anche quando la Corte, dopo poco meno di due ore e mezza di camera di consiglio, ha impiegato pochi istanti per tracciare lo stesso destino disegnato nel luglio dello scorso anno dai giudici parmigiani. «Aspetteremo di leggere le motivazioni e poi ricorreremo in Cassazione, ma è una sentenza sconcertante - commenta Fiorino Ruggio, che difende De Lorenzis insieme al collega Giuseppe Dario Bruno -. Non ci sono stati riscontri sulle dichiarazioni accusatorie delle pazienti, affermazioni senza logica né coerenza. De Lorenzis, il miglior chirurgo bariatrico italiano, se non europeo, è stato immotivatamente demolito e ridotto sul lastrico».
Bisognerà attendere 90 giorni per leggere le motivazioni, ma è chiaro che tutte quelle donne sono state ritenute attendibili. Venticinque i capi di imputazione contestati (tre erano già stati dichiarati prescritti in primo grado) nell'arco di nove anni, dal 2007 al 2016. Eppure, al primo incontro, De Lorenzis si mostrava affabile, perfino simpatico: così l'avevano descritto tante pazienti durante il processo. Un medico che infondeva sicurezza e timore al tempo stesso. Visitava nel suo studio privato a Parma, ma operava in una casa di cura privata della città, oltre che in altre strutture da Nord a Sud. Migliaia di pazienti seguite nei decenni di carriera, finché i sussurri e gli sfoghi online delle prime donne si erano trasformate in denunce. Alcune si erano fatte avanti in tempi brevi, ma molte avevano atteso, perché - così avevano raccontato - erano impaurite, cercavano in se stesse quel qualcosa di sbagliato che le faceva sentire in colpa. Ma piano piano i casi si erano moltiplicati: a puntare il dito contro il chirurgo sia donne giovanissime che mature, dai 17 ai 50 anni. E nel 2016 De Lorenzis era finito ai domiciliari per quattro mesi.
Certo, tra le migliaia di pazienti seguite negli anni, meno di trenta si sono costituite parte civile. E tutte le altre? Perché non sono uscite allo scoperto? E' la domanda che si era posta anche il pm Emanuela Podda durante la requisitoria del processo di primo grado. E così aveva risposto: «De Lorenzis sottoponeva subito le pazienti a un test psicologico, facendosi raccontare tutto, chiedendo anche informazioni sulla loro vita sessuale, e capiva quali erano le persone più fragili: su quelle perpetuava le molestie».
Ricordi contaminati? Pazienti interessate al risarcimento? La difesa aveva provato a instillare il dubbio. Ma le parole di quelle donne non sono state messe in discussione. Si sentivano dire «ti farò bellissima». E a quella promessa suadente credevano.
Georgia Azzali