TRIBUNALE
Il giudice Cancelliere lascia e si commuove: «Non mi piego a una legge ambigua»
Lunedì si era tolto la toga da giudice onorario. Aveva fatto il passo indietro definitivo, dopo vent'anni di processi, Livio Cancelliere, il «pellegrino della giustizia» che nel 2021 camminò da Assisi a Roma per protestare contro l'inaccettabile condizione dei magistrati onorari incontrando la ministra Cartabia. Ma ieri, nel giorno in cui avrebbe dovuto sostenere l'esame per essere stabilizzato, ha comunicato ufficialmente la sua decisione. Davanti al presidente del Tribunale, Pio Massa, al giudice Alessandro Conti e all'avvocata Maria Rosaria Nicoletti, i membri della commissione che avrebbero dovuto valutare la sua prova, ha letto un breve testo. Parole meditate da tempo, eppure Cancelliere si è commosso. «Non me l'aspettavo. Invece, sono arrivate le lacrime», racconta dopo essere uscito dall'aula.
Accanto a lui, i colleghi che hanno condiviso anni intensi in tribunale. «Lascio perché non mi piego a una legge volutamente ambigua, che danneggia la magistratura onoraria, la Costituzione e la democrazia - ha detto in aula -. Lascio perché se la Corte di Giustizia ha accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro del magistrato onorario, parametrandone il trattamento economico a quello del magistrato ordinario, l’Italia persevera ad essere inadempiente ignorando pronunce sovranazionali e lettere di messa in mora, approvando leggi incostituzionali e umilianti, che obbligano all’iniqua rinuncia alle azioni giudiziarie, a sacrificare diritti, tutele e valori tutelati dalla Costituzione».
Una protesta dolorosa, eppure piena di dignità. «Lascio con il cuore in pace e la coscienza serena - aggiunge -, ma con un amaro senso di rammarico perché tanto altro poteva essere fatto».
G.Az.